sabato 28 febbraio 2009

Mi è presa una voglia di Harley...

No, non mi sono bevuto il cervello. Rimango sempre più convinto che la mia moto ideale sia una Sport Tourer. Non ho più l’età per appollaiarmi su una MV-Agusta F4, non vado per terra con un’endurona dal 1994 e non sono ancora materiale da GoldWing.
Per il trike, poi, c’è tempo ancora qualche decennio.

Ma ogni tanto mi prende la voglia di salire a cavallo di un ferro da 350kg (a secco), agguantare le manopole e piantare il pollice destro nel pulsante dello starter per sentire la locomotiva scuotersi e sbuffare.

Mi piacerebbe cavalcare un motore giurassico, sentirlo tossire e borbottare quando rilascio il gas e poi riprendere progressivamente come quei vecchi cavalli da tiro delle birrerie.

Qualche bel giro con le moto di Milwaukee l’ho già fatto. Mi sono divertito a girare con una Sportster 1200, sono sceso deluso da una 883 e ho dato qualche grattatina con una Street Glide sulle curve delle Smokey Mountains. Una volta ho anche preso in prestito una vera “custom” costruita da zero attorno a un motore V-Twin della S&S Cycle al costo di $ 66.000, cromata fino all’inverosimile e impossibile da guidare. Dopo 20 minuti l’ho riportata al proprietario: un vero disastro.

Niente “custom” da vetrina, voglio proprio una Harley di serie.

Se avessi spazio, tempo e soldi sufficienti mi comprerei una bella Street Glide e ci farei qualche giro sul misto veloce, togliendo gas con largo anticipo sulle curve e giocando a guidarla col motore.

Potremmo uscire tutti insieme e divertirci un po’ così. Poi voi proseguite pure e, giunti a destinazione, mettete le gambe sotto al tavolo. Quando arriva il caffè, arrivo anch’io.

Un uomo può avere più moto, no?

venerdì 27 febbraio 2009

Pay-per-WC su Ryanair?

La solita Ryanair ha ventilato la possibilità che in futuro i passeggeri debbano pagare per l’uso del gabinetto nei suoi aerei.

Come diverse altre compagnie “low cost”, l’irlandese Ryan prova a sfruttare tutti i trucchi possibili per aumentare i suoi introiti, pur mantenendo bassa la tariffa vera e propria legata al volo.

In seguito all’imposizione di criteri di trasparenza, ora vigenti in Italia e anche in altri Paesi, le compagnie a basso costo non possono più applicare sovrapprezzi nascosti per i loro voli e attrarre passeggeri con tariffe ridicole.

Come Easyjet, però, Ryanair si inventa spesso degli stratagemmi piuttosto singolari per sfilare qualche soldo in più a chi vola. Con il tipico approccio anglosassone, per cui tutto quello che non è vietato è lecito (anche se completamente grottesco), si moltiplicano i piccoli supplementi che vanno aggiunti al costo del volo e che rischiano di raddoppiarlo quando li andate ad addizionare.


I siti Web di queste compagnie ricorrono spesso all’espediente di includere servizi e opzioni extra nel prezzo finale del biglietto e sta all’utente accorto cliccare di qua e di là per “deselezionarli” e non vederseli addebitare alla fine.

Agli albori delle “low cost”, già si pagavano le bevande e gli spuntini a bordo, mentre i loro siti Web includevano strane coperture assicurative indesiderate (che dovevate esplicitamente cancellare), oltre a caricare una commissione per chi pagava con carta di credito. Poi in seguito arrivarono anche i supplementi per l’imbarco anticipato rispetto agli altri passeggeri, il sovrapprezzo per la valigia caricata in stiva e sono state aumentate le penali per i cambi di prenotazione e i cambi di nominativo. Easyjet ha perfino inventato un contributo per “ridurre le emissioni di CO” prodotte dai motori dei jet, finanziando (dice lei) progetti energetici “puliti” in Sud America, al modico contributo di € 3,18 a persona.

Il prezzo finale, per chi non prenota il suo volo sei mesi prima, rischia a volte di rivelarsi poco vantaggioso rispetto ai voli di linea tradizionali, anche perché spesso l’aeroporto reale di destinazione si trova a 100 km dalla città dichiarata (è il caso di Francoforte, Barcellona e altre) e non quello principale, che è ben più vicino e meglio collegato. Per combattere la concorrenza delle "low cost", le compagnie tradizionali hanno anch'esse adottato dei nuovi criteri tariffari, che spesso risultano molto convenienti e vale oggi la pena di verificare se non convenga, per esempio, volare con Swiss o Lufthansa.

Ora, con il ventilato progetto del bagno a pagamento, Ryanair sta volando veramente basso e rischia di precipitare nel ridicolo.

Un Airbus A-319 consuma in media 2.500 litri di kerosene l’ora, per un costo di circa €700. Se nel corso di un volo di 60 minuti, 100 persone useranno i gabinetti pagando 1 Euro a testa, Ryanair avrà solo ridotto a €600 il costo del carburante, fermi restando tutti gli altri suoi costi fissi e variabili.

Ma ne vale la pena? Quanto costa in termini d'immagine rendersi ridicoli?

Ma almeno un vantaggio indiscusso le “low cost” ce l’hanno. Le pagate soltanto se ci volate.

Il contribuente italiano, persona paziente e anche un po’ ebete, ha ripianato per decenni i disastri finanziari dell’Alitalia anche quando non viaggiava. E forse non ha ancora finito di pagarli.

lunedì 23 febbraio 2009

Che differenza fa la meta?

Pamplona o Palermo?

La destinazione di un tour in moto è sicuramente importante per il successo del viaggio, ma spesso passa in secondo piano rispetto al tempo atmosferico incontrato, alla qualità delle strade e all'affiatamento dei partecipanti. Questo, nell'elenco delle priorità, non è certo l'ultimo dei fattori.

Può quindi succedere che un tour di grande calibro sia presto dimenticato, mentre non potremo mai scordare un breve giro che ci ha regalato momenti indimenticabili.

Se diretti a Capo Nord abbiamo incontrato tempo infernale per l'intero viaggio e non abbiamo mai smesso di litigare con i compagni di viaggio, quel tour sarà presto relegato nel dimenticatoio sotto il titolo "Mai Più".

Al contrario, un bel tour in Italia (che dal punto di vista dell'impegno di programmazione e di guida si poteva considerare di Categoria B) ci può restare impresso nella memoria per sempre, se il tempo è stato clemente e la compagnia si è rivelata splendida.

Fare la prova del nove di un viaggio in moto è cosa facile. Quando arriva il momento di prendere la via del ritorno, se invece di rientrare vorreste poter fare altri 7 giorni così, il viaggio sarà uno dei migliori mai fatti. Se invece non siete ancora a metà viaggio e vorreste già farla finita e lasciarvi teletrasportare a casa, è probabile che farete di tutto per dimenticare questa avventura.


E quindi la meta è sempre importante, ma il punteggio finale di un viaggio è dato da altri fattori più delicati e purtroppo meno controllabili da noi.

Vale sempre la regola che l'importante è andare. Ma andare con la gente giusta fa tutta la differenza, anche se piove a dirotto la metà del tempo.

sabato 14 febbraio 2009

Neve a Palermo


Sono appena rientrato da Palermo dove ho trascorso 4 giorni per sbrigare alcune faccende.

Anche se Febbraio non è proprio il mese ideale per fare il turista in Sicilia, trovare temperature attorno ai 20 gradi non è un fatto eccezionale e prima della partenza già mi rallegravo all’idea di farmi qualche passeggiata al sole.

Bè, questa volta non è andata come speravo. Tra temperature gelide, vento e grandine il tempo non poteva essere peggiore e perfino le alture intorno alla città erano spolverate di neve.

Per il resto, niente sorprese. Palermo resta una città di struggente bellezza e di profondo abbandono. Il traffico è caotico ma risponde a regole invisibili che sembrano funzionare. 


Le regole scritte, invece, vengono spesso ignorate perché ritenute, a torto o a ragione, non applicabili alla realtà locale. Le infrastrutture sono fatiscenti e i servizi carenti, ma la gente trova il modo di adattarsi, di far fronte alle lacune e di non stressarsi più di tanto. 

È un equilibrio anarcoide fondato sulla sfiducia (meritata) nei confronti delle amministrazioni locali in decenni di malgoverno.

Ma ci sono delle costanti positive in Sicilia che non mancano mai di stupirmi: la cordialità delle persone che non conosci e la generosità di quelle che conosci. Ecco perché ci torno sempre volentieri e con qualunque tempo. 

sabato 7 febbraio 2009

Long Way Round


Ho appena finito di vedere per la prima volta il film Long Way Round, il giro del mondo con le BMW GS1150.

Qualunque cosa io dica sarà stata già detta almeno un centinaio di volte, per cui eviterò di riscoprire l'acqua calda…Ho solo voglia di buttare giù qualche impressione.

Il sogno, la pianificazione e finalmente la partenza per un viaggio di questa portata sono tali da emozionare chiunque. Ero seduto in bilico sul bordo della sedia mentre le immagini correvano sullo schermo del PC.

Come si fa a non lasciarsi coinvolgere dal fascino irresistibile della programmazione di un’avventura come questa?

La scelta dell’itinerario, delle moto, dell’attrezzatura, la preparazione dei documenti necessari, la raccolta delle informazioni sui luoghi e sulle strade sono una miscela adrenalinica che ti mette la febbre addosso, anche se non sei tu quello che parte. 

E poco importa se quest'anno non andrai a New York passando per la Mongolia. E non significa niente se il mezzo non è una R-GS nuova, gentilmente offerta dalla BMW, ma è invece la tua moto, pagata dalle tue tasche e che magari ha già 50.000 km sulla schiena. 

La sera prima della partenza è quel momento magico che, mese dopo mese, si è avvicinato in maniera impercettibile e ora è finalmente qui. Domani si parte! L’avventura comincia, l’imponderabile diventa probabile. Ma almeno l’attesa è finita, il bagaglio è caricato e appena accendi il motore ti lasci dietro le ansie e le preoccupazioni. Sei in viaggio, stai andando. 
Hai la mano sul gas e tutto è sotto controllo. 

Bel film. Va visto (e magari rivisto).

Non so quanto successo avrebbe avuto se, al posto di due pagliacci viziati, avessero messo della gente normale come noi: goliardici ma solidi, positivi e allegri ma non dei giullari. 

Probabilmente sarebbe stato un fiasco. Il pubblico vuole che gli eroi siano farfalloni superficiali, vuole sapere che qualcuno dalle tasche profonde sta pagando tutto e se la moto va a pezzi non sarà un padre di famiglia con il mutuo a dover fare fronte. 

Certo però che alcune cose fanno girare le balle. Vedere Charley Boorman sbattere la BMW nuova di pacca e mettersi a ridere mi ha urtato non poco. 

Se la moto te la sei sudata, se la responsabilità è uno zaino che non ti riesci mai a togliere di dosso, certe cose preferiresti non vederle. 

Forse quest’anno non andrai a Magadan o in Alaska, ma dovunque tu arrivi, l’avrai fatto con le tue forze. 

mercoledì 4 febbraio 2009

Orso a chi?

Mi devo essere fatto la reputazione di essere un po’ orso e mi domando perché.
Comunque sia, il soprannome ormai me l’hanno affibbiato. (Perché, quello di dinosauro non bastava?)
Ragionandoci sopra, sono giunto a questa conclusione.
Girata la boa della mezza età, ti rendi conto che il film prima o poi deve finire. A diciotto anni sei anche autorizzato a credere che duri per sempre, ma quando i diciotto li hai già compiuti tre volte e passa, non ti puoi più permettere illusioni di eternità. Al massimo, puoi puntare sulla longevità con l’aiuto dell’esperienza, un buon casco e il 95% che resta ce lo deve mettere la fortuna.

Allora, la storia dell’orso?

Avendo preso coscienza del fatto che il contatore gira e non torna mai indietro, perdere tempo con i cretini, i cafoni e gli arroganti diventa un lusso che non ti puoi permettere.

Giriamola così. La vita è troppo breve per dare retta a tutti. 
Meglio essere selettivi a costo di apparire degli orsi.
Il proprio tempo, come risorsa preziosa, non va buttato o regalato a chi non lo sa apprezzare.
Questo vale anche per chi ha diciotto anni, ma a quell’età si hanno le mani bucate e si perde tempo in tutti i modi e senza farsi troppi problemi.

Di sicuro c'è che non si può andare a genio a tutti. 
Anzi, c’è gente alla quale preferisco essere odioso. È una referenza negativa, lo so, ma ci tengo molto a non essere confuso come amico di quel tale o di quel tal altro.

Se poi passo per orso, va bene così. È il mio film.

OK, la birra me l’avete portata. E le patatine quando arrivano?


lunedì 2 febbraio 2009

Istanbul Raid

Istanbul è la meta di un prossimo viaggio in moto che ha tutte le carte in regola per diventare memorabile.

Parlare della metropoli turca senza ricadere nel frasario delle guide turistiche non è compito facile.

Ancora più difficile è evitare quei maledetti luoghi comuni come "punto d'incontro tra Europa e Asia" che, sebbene assolutamente veri, si sono già sentiti mille volte.
Ma il bello di Istanbul è che l'appassionato di arte o di storia potrà documentarsi prima e durante il viaggio per riconoscerne i monumenti e visitarli in maniera consapevole. Chi invece non ha nè tempo nè voglia di aprire i libri, potrà respirare l'aria di questa città e goderne il fascino e la bellezza scoprendola e lasciandosi sorprendere ad ogni angolo.
Inevitabile ritrovarsi nel Grand Bazaar (in turco Kapalıçarşı), da oltre 500 anni il mercato coperto più grande del mondo.
Impossibile non perdersi tra le bellezze e le bufale, spinti da un torrente di folla che vuole vedere, trattare e a volte anche comprare.

Il Bazaar non si limita tuttavia alla struttura coperta ormai famosa, ma le si estende tutto intorno e discende ripido fino al mare e all'approdo dei traghetti di Eminönü.

Qui ci sono negozi e botteghe di ogni tipo e chi si ferma un attimo a un angolo di strada vedrà sfilare davanti a sè una folla eterogenea e variopinta, pochi turisti e un incredibile spaccato della popolazione che gravita intorno a questa metropoli in continua e vorticosa crescita.

Abbiamo detto: niente luoghi comuni e frasi fatte da Ente del Turismo. Ma non è facile provare a descrivere una camminata su e giù per le vie di Istanbul senza cadere nel retorico o nel facile entusiasmo.

La cosa migliore è mischiarsi nella folla e guardarsi intorno curiosi e al tempo stesso rispettosi di una cultura a volte lontana e altre volte vicinissima a noi.

La gente è cordiale e molti parlano una qualche lingua europea. Come spesso avviene, l'immagine dei turchi emigrati nell'Europa Centrale non fa onore ai loro concittadini restati nella repubblica fondata da Atatürk.

Se i turchi che vivono in Germania o in Austria tendono a chiudere i ranghi e a non cercare un'integrazione (con una serie di ricadute molto negative), i cittadini di Istanbul sono molto spesso aperti e cordiali o, nella peggiore delle ipotesi, del tutto indifferenti al turista.

Un paio di anni fa fui avvicinato da un giovane dalle parti della Moschea Blu, il quale esordì con la domanda classica: "da dove vieni?" Nove volte su dieci, si tratta del classico sistema per irretire il turista, farlo entrare nel negozio, offrirgli un tè e costringerlo moralmente a qualche acquisto.

Fu quindi con una certa freddezza che gli dissi di essere italiano e che non mi serviva di acquistare niente. "Sono in Turchia per lavoro e non per turismo" aggiunsi.

Lui mi disse allora che stava studiando l'Italiano e che sperava potessi aiutarlo. E in realtà, entrati nel negozio, vidi che aveva un libro d'Italiano aperto e lo stava effettivamente studiando.

Passai così una mezz'ora a spiegargli un paio di cose della nostra lingua che lui trovava particolarmente difficili da capire e poi ripresi la mia camminata verso il Bazaar delle Spezie.


Questo Bazaar si trova sulle rive del Corno d'Oro, quella insenatura del Mar di Marmara che è parte integrante di Istanbul come il Canal Grande è il cuore di Venezia.

Affollato e rumoroso, il Bazaar delle Spezie è un'esplosione di colori e aromi. Chi ancora non avrà scattato una sola foto di Istanbul, è garantito che estragga la macchina fotografica proprio qui.

Ed è qui che il motociclista può trovare il classico regalo poco ingombrante da riportare a casa, che sia un sacchetto di zafferano o una confezione di Loukoum (che per i turisti è ribattezzato Turkish Delight). Sono dei dolci tipici a base di amido e zucchero, spesso aromatizzati all'acqua di rose e, contrariamente alle descrizioni enfatiche che le guide turistiche ne fanno, io li trovo particolarmente rivoltanti.

Non è certo per i Loukoum che non vedo l'ora di ritornare a Istanbul.

domenica 1 febbraio 2009

Che vuol dire il titolo del blog?

Gia', che vuol dire "C'e' poco da Rider"?

Chiaramente me l'hanno gia' chiesto...
Molti pensano si riferisca alla recessione in atto, per la quale sarebbe un titolo ampiamente giustificato. Io pero' voglio ben sperare che questa non si riveli una congiuntura permanente.

Il titolo si riferisce in realta' a una pessima rivista di "lifestyle" motociclistico, caratterizzata da un livello piuttosto estremo di edonismo, narcisismo e suggestioni omoerotiche. A questo insieme di fattori mi sento particolarmente estraneo e ne noto con piacere la totale assenza negli amici che frequento e con i quali mi piace girare.

 

Si tratta di gente solida e concreta, che ama viaggiare in moto e viaggia sul serio. Non c'e' posto tra di noi per i fighetti, gli sparoni, i figli di papa' con la moto da bar.
Magari viaggiamo meno di quello che vorremmo, magari spendiamo troppo per mettere a punto la moto e renderla piu' nervosa e performante...ma e' una passione e come tale non la si puo' giustificare interamente con la logica.

Di sicuro, non ci piacciono l'ostentazione e i cretini tutti immagine. 
Ci piace smontare e rimontare e non sentirci soddisfatti finche' non abbiamo raggiunto il risultato desiderato. 
Ci piace viaggiare insieme e, una volta arrivati, sederci intorno a un tavolo e goderci la compagnia di chi abbiamo visto per ore davanti a noi o negli specchietti.



E se c'e' una griglia che va e delle birre in fresco, meglio ancora.
Ecco quindi il significato di "C'e' poco da Rider".  Tra la gente finta e la gente vera,  la nostra scelta non puo' essere che una.

Inverno 2008-2009


Questo verra' ricordato come uno degli inverni piu' miserabili in tempi recenti. Alla situazione meteo, che non ha risparmiato nessuno da Nord a Sud, si affiancano delle prospettive meno che rosee per l'economia.
 
Tradotto in soldoni: come motociclisti ce la siamo goduta negli anni e mesi passati con viaggi e acquisti vari, ma la prospettiva per l'immediato futuro e' magra...

Ma il motociclista spera sempre che, dietro la prossima curva, la situazione migliori. Spera che smetta di piovere, che l'asfalto ritorni liscio, che appaia quella benedetta pompa di benzina perche' ormai e' mezz'ora che viaggia in riserva.

E quindi, speriamo che anche la stagione dei viaggi e delle uscite 2009 sia bella e serena come quelle che l'hanno preceduta. E magari ancora di piu'.

Proprio con questo augurio vorrei varare il mio blog. Mentre si comincia timidamente a parlare dei programmi di viaggio dei prossimi mesi, sto gia' pregustando il piacere di mettermi in sella e aprire la manetta verso la prossima meta insieme a voi, i miei "hermanos de moto", come diceva il buon Don Stanley sollevando l'ennesimo bicchiere di birra durante il Tour dei Pirenei dello scorso anno.