sabato 31 ottobre 2009

Ottobre in moto

Ottobre se ne va con la coda fra le gambe portando con sé il disonore delle giornate più corte, anche se a dire il vero la fine dell’ora legale non è certo colpa sua e, in definitiva, l’ora di sole che ci è stata “rubata” ha penalizzato una sola settimana di questo mese sempre generoso.

Grande Ottobre. Un mese in cui chi ha voglia e tempo di girare in moto può veramente godersi strade libere dal traffico e giornate dall’aria frizzante.

Penso al Tour dei Pirenei dell’Ottobre 2007 e all’aria rarefatta dei passi spagnoli scolpiti in un cielo blu profondo, rivedo quelle nuvole innocue che viaggiano rapide nel vento in alta quota. Riprovo il piacere di scendere dalla moto dopo 500 km di strada e di cominciare la serata con una birra “segnaposto”, nel senso che in fila dopo quella ce ne mettevamo ancora un paio. Almeno.

Rivivo il Tour della Sardegna dell’Ottobre 2008, quel cielo cupo e denso di nuvole basse all’alba dell’arrivo a Golfo Aranci, che solo due ore dopo (tra Alghero e Bosa) tirava fuori sprazzi di blu dietro ogni curva. A fine tour, alla Maddalena, c’erano quasi 30° e i colori del mare sembravano finti.

E oggi, una semplice occhiata alla mia moto in garage, ancora sporca all’inverosimile, mi ricorda il Tour della Spagna appena concluso. 3000 km di strade semideserte dove lasciare il 60% del battistrada di un treno di gomme nuove è stato un piacere, come dipingere traiettorie con un pennello nero su una tela perfettamente tesa e ruvida.

“Questi ultimi giorni sono stati la parte peggiore di Ottobre”, mi diceva un motociclista spagnolo alle porte di Barcellona una settimana fa.

Ma per rifare un giro così l’Ottobre prossimo ci metterei subito la firma.

venerdì 30 ottobre 2009

Una bella storia vera

Tyler è una donna sulla quarantina, vivace e attraente, che vive in California dalle parti di San Francisco. Il suo hobby è la moto e ha perfino messo su una piccola società che organizza tour motociclistici negli Stati Uniti.

Tyler frequenta diversi forum dedicati alle moto ed è proprio così che ci "conosciamo". Improvvisamente, a fine Giugno 2009, uno di questi forum pubblica la notizia: Tyler is down.

Alla guida di un gruppo di moto in Idaho, Tyler era ferma dietro a un semirimorchio a un incrocio non regolato da semafori. Visto che il mezzo che bloccava la strada non accennava a muoversi, dopo un paio di minuti Tyler lo affiancava sulla destra cercando di arrivare allo stop per vedere quale fosse il problema. (Quante volte abbiamo fatto la stessa cosa?)

In quel momento, però, il semirimorchio si rimetteva in movimento girando a destra, Tyler veniva spinta giù dalla moto dal rimorchio e le ruote posteriori del mezzo le passavano sopra le gambe e il bacino.

Senza entrare nel dettaglio agghiacciante dei danni subiti, Tyler ha vissuto un vero calvario negli ultimi quattro mesi. Dall'Idaho è stata trasferita in un ospedale dalle parti sue (oltre 1200 km di distanza) quando era fuori pericolo e ha intrapreso il lungo percorso di riabilitazione motoria e di trapianto della pelle.

Ma da ieri è finalmente a casa.

Nelle sue parole: "so che il mio viaggio non è ancora al termine e sono certa che ci saranno ancora giorni difficili, ma so anche che la forza e l'amore di chi mi è vicino mi aiuteranno a perseverare e a superare gli ostacoli lungo la strada".

Non so se Tyler risalirà mai più in sella, ma non importa. Per gente come noi, la passione per le moto vuol dire molto, ma la vita è tutto.

mercoledì 28 ottobre 2009

Il pianto del Sultano

Abu 'abd-Allah Muhammad XII, ultimo sultano di Granada, fu costretto ad abbandonare la città nel Gennaio 1492 dopo che i Reali di Castiglia l’avevano cinta d’assedio da mesi. Cadeva così l’ultimo bastione islamico in Spagna. La Reconquista della Penisola Iberica si concludeva dopo ben 700 anni.

Mentre con la sua corte si allontanava dalla città diretto alla costa, il trentenne Muhammad si sarebbe voltato per l’ultima volta a guardare le mura dell’Alhambra, sulle quali già sventolavano le bandiere dei Reali di Spagna.

La leggenda dice che egli abbia pianto per aver perduto “il più bell’oggetto del mondo”, cioè la sua medina, quella splendida cittadella in pietra rossa che dominava Granada.

Secondo la stessa leggenda, sua madre, sicuramente un bel sergente maggiore, lo avrebbe schernito: “piangi come una donna quello che non sei stato capace di difendere come uomo”.

La località in cui tutto ciò sarebbe avvenuto oltre 500 anni fa si chiama ancora Suspiro del Moro ed è un valico a quota 860 m posto lungo quei 70 km di strada che separano la città di Granada dal mare.

Il bello è che tutto questo l’ho solo scoperto dopo essermi goduto in moto quella strada stupenda, stretta e tortuosa che dalla città andalusa si snoda fino al mare, offrendo panorami spettacolari quelle rare volte che si riesce ad alzare l’occhio dall’asfalto.

Il nome del passo mi aveva incuriosito e una rapida ricerca in Internet ha soddisfatto la mia voglia di sapere.

Che siate o meno appassionati di storia, se capitate da quelle parti non mancate di percorrere la A4050 tra Almuñécar (sulla costa) e Granada.

Se appunto fate la strada a salire, arrivati al Puerto del Suspiro del Moro saprete di essere quasi arrivati a Granada. Dalla strada ormai l’Alhambra non si vede più, ma se andate all’ultimo piano dell’Hotel Ibis e non c’è di mezzo un Media World o un McDonald’s, forse riuscirete ancora a scorgere un angolo di quelle torri rosse come le vide il Sultano in lacrime.

martedì 27 ottobre 2009

La madre di tutte le strade


Diciamo pure che l'augurio che mi ero fatto prima di partire per la Spagna si è avverato solo a metà.

Le strade sono state buone, anzi ottime e perfino asciutte. Ma la calma di vento non c'è stata, anzi. Venti forti settentrionali hanno creato gravi ritardi nel traffico marittimo e reso necessario assicurare le moto al ponte garage per evitare che se ne andassero a spasso.

Le vicende meteo ci hanno visti, contrariamente ai piani iniziali, rientrare su Civitavecchia e quindi risalire la costa tirrenica fino a La Spezia.

Per me, questa tratta stradale fuori programma ha fatto riaffiorare i ricordi dei miei primi viaggi, visto che ho abitato a Roma per molti anni.

La SS1 Via Aurelia era per me "la madre di tutte le strade". Ogni mattina mi conduceva a scuola a cavallo della mia Vespa 50 e ogni fine settimana era la pista di lancio per varie scorribande, prima con il minuscolo scooter e poi con moto più grandi o in automobile.

Fu sulla Via Aurelia che nel 1970 rimasi senza benzina mentre mi dirigevo ad Amsterdam in macchina. Un esordio piuttosto miserabile per un viaggio allora epico.

Attraversando l'Aurelia ebbi il mio primo incidente di moto, speronato da un idiota in Vespa che andava contromano. Andai in terra sbattendo la testa, ma per fortuna portavo un casco integrale ben prima che fosse obbligatorio per legge.

L'Aurelia era la strada che conduceva ai traghetti delle FS diretti in Sardegna, le vecchie motonavi Tyrsus e Gallura. I ponti erano in legno e si dormiva in sacco a pelo negli angoli ridossati dal vento, dopo aver fatto scorta di birre al bar della nave.

Si arrivava mezzi intontiti a Golfo Aranci che era ancora buio e si cominciava a sentire sul viso il sole nascente mentre le nostre moto percorrevano la SS125 dalle parti di Arzachena. A volte si portavano le moto a bordo spiaggia e si continuava a dormire sulla sabbia per qualche ora.

Sempre l'Aurelia era la strada che ci conduceva al Monte Argentario o ad Albinia con le tende da campeggio arrotolate sul portapacchi. Anni dopo, ci siamo avventurati fino a Punta Ala, all'Elba e perfino nella "lontana" Liguria.

Con il passare del tempo e con l'acquisto delle prime moto "serie", l'idea di farsi 500 km in sella diventava meno terrificante e l'Aurelia rappresentava ormai solo la prima tratta di percorsi più complessi e impegnativi.

Mentre questa strada familiare scorreva sotto le mie ruote qualche giorno fa, ripercorrevo questi quasi quarant'anni della mia vita con una certa nostalgia. L'Aurelia "nuova" (una pessima superstrada piena di buche e avvallamenti) ai tempi non c'era ancora. Da Follonica in poi era uno stillicidio di attraversamenti di paesi, fermate di corriera, camion e palette dei Carabinieri.

Si arrivava al confine con la Liguria che era quasi sera. Poi si saliva il mitico Passo del Bracco per scendere sul golfo del Tigullio. L'autostrada Livorno-Sestri Levante sarebbe solo arrivata nel 1975.

Ma intanto la strada del ritorno ci ha portati a Rosignano. E' ora di lasciare l'Aurelia e aprire il gas per le tre ore di autostrada e quei 25 Euro rapinati che ci separano da casa.

venerdì 16 ottobre 2009

Tre modi di dirlo












  • Alla maniera di Motoblog

Ebbene sì, il momento più prestigioso è arrivato. L’esclusiva motonave “La Tinozza”, riservata generosamente dai nostri sponsor, ci attende in banchina. Presto salperemo le ancore alla volta di un’esotica terra lontana, la Penisola Iberica, i cui sapori e profumi ci attendono.

Presto il rombo dei nostri possenti motori riempirà l’aria delle Sierras, le nostre pedane squisitamente lavorate ne graffieranno l’asfalto e il celebre logo della casa motociclistica [inserire nome], un marchio che è una garanzia, scintillerà al sole di Spagna. Un grazie sentito alla [nome sponsor] che fornisce l’impeccabile abbigliamento tecnico in similpelle, vero vanto del Made in Italy, e alla [nome sponsor] i cui caschi, rigorosamente omologati a norma ECE-022 in Albania, saranno oggetto di una nostra prova approfondita in tutte le più gravose condizioni d’impiego. Grazie anche a voi, affezionati lettori, se avrete la compiacenza di vomitare all’interno degli appositi sacchetti.

  • Alla maniera di Riders

Il Direttore passò una notte insonne mentre il traghetto fendeva implacabile i marosi con la prua fissa sulla Spagna.

Un uomo, una moto, un sogno da realizzare.

Già Egli si vedeva proiettato nel vento sul suo mostro meccanico, eroe dannunziano prigioniero del destino, le sue mani possenti taglia XS come artigli sulle manopole, l’occhio limpido e volitivo fisso all’orizzonte. Quante strade nei suoi ricordi, quanti soli accecanti e quanto vento carico di pioggia hanno scolpito il suo volto fiero.

Ma un dubbio assillava il Direttore mentre il mistral del Golfo del Leone gli scompigliava la chioma fulva: “Mi sarò portato il tanghino da mettere sotto la tuta in pelle aderentissima? Che odio, odio, odio quando sotto si vede il segno delle mutande!”

  • Alla nostra maniera

Ragazzi, stasera partiamo in traghetto per la Spagna.

Da ieri la moto rotola sulla mia liquerizia preferita, Michelin Pilot Power 2CT, la gomma giusta per le curve di mezza stagione.

Pare proprio che il meteo ci voglia dare una mano: mare poco mosso e temperature decisamente miti in Andalusia, dove intendiamo girare per gran parte del tempo. Faremo foto e, se ci riesce, vi scriveremo anche due righe. Rigate dritto e non pensate troppo a noi. Di sicuro noi vi penseremo pochissimo.

Non mi resta che augurarci buona strada e calma di vento…

martedì 13 ottobre 2009

Non fa una piega

Nell’obbligatorio stile sbrodolenfatico che contraddistingue i blog di moto, è giusto apparsa in Le Nostre Prove di motoblog.it un’imbarazzante “marchetta” dedicata alla Honda Deauville.
La conoscete: è un’onesta motoretta che non fa battere i cuori ma, come tanti altri prodotti della casa giapponese, è ben fatta e da molti anni ha una sua clientela.

Ma con 66 CV di potenza contro 260 Kg di peso e un prezzo di listino di quasi 9.000 Euro, tesserne lodi sperticate è un compito arduo. Siamo ai livelli di Mission:Impossible.

Ma niente è impossibile per il pennivendolo Lorenzo B., perchè dalla sua penna esperta escono sviolinate del tipo:

“(…) doti di fantastica piegatrice, bilanciata, rapidissima nello scendere in piega, maneggevole nelle reazioni, pochi metri e ti trovi a gestire con facilità e grande confidenza angoli di piega che su strada raramente sei solito toccare… “

Per chi non l’avesse ancora capito, la Deauville si è rivelata la regina delle pieghe. Non potrebbe essere altrimenti, visto che il buon Lorenzo è riuscito a dirlo tre volte nella stessa frase, grazie a una padronanza dell’Italiano che tanti gli invidiano.

Ma quando Mamma Honda chiede, Motoblog (come San Gennaro) non dice mai di no. Che cosa importa se la “marchetta” è scandalosamente trasparente. Domani ne uscirà un’altra ancora peggiore.

La ciliegina su questa torta dal vago sapore fecale, però, è il servizio fotografico. Il nostro scriba si fa ritrarre in vestitiello da ufficio (l’aveva anche detto: la provo per fare il tragitto casa-lavoro), con le scarpette in cuoio e senza guanti. Alla faccia del buon esempio ai lettori.

Ma che lavoro fa? È un tester di moto o lavora in contabilità e ogni tanto gli lasciano fare un giretto?

Torniamo alle foto: dietro di lui, perché l’attrazione fra simili è un fatto scientificamente provato, compare un pisquano in scooter con il casco slacciato. Impagabile abbinamento di pesi mosca cerebrali.

Due consigli per Lorenzo: (a) vestito così è meglio se prendi i mezzi pubblici e (b) considera una svolta di carriera. Sicuramente c’è una segreteria di partito che cerca talenti come il tuo.

sabato 10 ottobre 2009

Il sarto e il colonnello


Il sarto personale del Colonnello Muammar al-Qadafi, Leader Fraterno e Guida della Rivoluzione libica, ha un diavolo per capello mentre solleva il lembo della tenda ed esce all’aperto.
Oggi tira un vento freddo che viene da Nord, ma almeno non c’è sabbia nell’aria, solo una luce accecante.
Amir il sarto si avvia verso la sua Toyota Corolla malandata (che senso ha in Libia far riparare le ammaccature?) e carica nel portabagagli gli abiti che ha fatto provare al colonnello.
“Mi sono ridotto proprio male – dice fra i denti – ero un vero sarto e facevo abiti che la Tripoli bene si litigava. Mio padre, che mi ha insegnato il mestiere, aveva aperto una sartoria vicino a quella che oggi è la Piazza Verde e faceva abiti per tutti i gerarchi italiani.”
“Chi mi invidia per la mia frequentazione del Leader non sa che adesso mi tocca cucirgli delle porcherie come questa”, dice mentre piega una strana uniforme a metà tra Hermann Goering e il domatore del Circo Orfei. “O questa…”, una tonaca viola cangiante da predicatore nero in Alabama. Amir sbatte il cofano e un lembo del cellofan protettivo rimane fuori, come una bandierina.
Le buste di plastica sono la vera bandiera della Libia e le vedi sventolare a brandelli impigliate nei fili spinati per centinaia di chilometri lungo la litoranea che porta a Bengasi. Ma Amir non ha tempo per riflettere sullo stato delle strade libiche. Entro domani, insh'allah, deve finire le ultime variazioni per questi due costumi da pagliaccio.
Oggi ci ha messo tre ore per farli provare al Leader, con lui che ciondola di quà e di là puzzando di whisky e quelle zoccole delle sue Amazzoni che frugano nella borsa del sarto. Gli hanno perfino sequestrato le forbici. “Ma dico io, le forbici! – si lamenta Amir mentre il traffico di Tripoli lo ingoia – adesso mi metto ad ammazzare il Leader con un paio di forbici…”
“Due ore circondato da quelle capre esaltate prima di riavere l’uso della mia borsa. Addestrate in Serbia! Gli avessero almeno insegnato a lavarsi le ascelle, c’era da svenire.”
La Toyota svicola nel traffico caotico di utilitarie e furgoncini diretta al quartiere di Gargaresh dove Amir ha il suo atelier, ma il povero sarto non ha finito di lamentarsi.
“E adesso Lui mi chiede di fargli anche una bandana entro domattina. Una bandana! Ma quando mai si è visto un capo di stato con in testa la bandana?”

mercoledì 7 ottobre 2009

Due storie, una domanda


















  • Sto viaggiando in auto su una strada a 4 corsie separate da aiuola spartitraffico. Fa caldo e il mio finestrino è aperto. Sento sopraggiungere in corsia di sorpasso un baccano metallico infernale, come un chilo di viti e bulloni agitati in una pentola.

Mi supera una Ducati Monster con un tizio in tuta di pelle arlecchino che viaggia curvo sul serbatoio a gran velocità. Lo “sento” vibrare come una lavatrice e, da motociclista, soffro per lui.

Cinquanta metri più avanti, il solito idiota esce in sorpasso all’improvviso, l’auto che precede il Monster si attacca ai freni e il motociclista Bang! le si pianta dentro. Moto e pilota vanno in terra: lui non sembra ferito gravemente, la moto è da rottamare.

  • Un gruppo di amici esce per una domenica di Ottobre sui tornanti. Nonostante siano dei motociclisti esperti e veloci, si vedono superare a gran velocità da alcuni ragazzi su moto sportive, tutti con fidanzatina a zaino, tutti al limite dell’aderenza.

Pochi chilometri più avanti, al gruppo di amici che scendono dal passo si presenta la scena di un incidente mortale. C’è una coppia di quei ragazzi in terra, la moto è accartocciata più avanti. Lui è morto, lei è ferita ma se la caverà. Gli altri ragazzi sono statue di pietra con le mani nei capelli.

A tutti noi piace l’adrenalina di una strappata al limite, e tutti conoscono quella strega che ti spalanca la manetta, ma bisogna saperle resistere. Istinto o ragione che sia, via il gas, giù con i freni e l’occhio sempre fisso sulla strada. Ogni distrazione rischia di essere l’ultima.

Perché morire da stupidi?

sabato 3 ottobre 2009

Cambio vita















Vendo Coupè Fiat Turbo 16V del 1995 con alettone esagerato, doppio scarico Sebring, minigonne, pneumatici ribassati, cerchi in lega, ammortizzatori racing Koni, sedili Recaro, verniciatura perlata verde-rosa, radio Pioneer con impianto stereo a 12 casse con subwoofer, collezione di CD musica tecno, stemmi in metallo laccato con cavallino Scuderia Ferrari, due berrettini originali della Nazionale di calcio fissati al lunotto posteriore, trombe ad aria “La Cucaracha”, otto proiettori anteriori, luci LED blu nella griglia del radiatore e nei passaggi ruota. Macchina da amatore, prezzo da concordare.

Sì, l’avete capito. Sono uno di quelli che voi chiamate tamarri, cinghiali, truzzi e così via.
Però in questi anni vi ho dato filo da torcere in autostrada, ostacolando i vostri sorpassi, cercando di passarvi da destra, allargandomi nella vostra corsia, tagliandovi la strada, attaccandomi a dieci centimetri dietro la vostra moto, facendovi giorno con gli abbaglianti.

Bè, dopo tanti anni di grandi soddisfazioni, questa vita non mi esalta più. Questi duelli su strada hanno fatto il loro tempo, bisogna maturare e guardare avanti.

Ho deciso, cambio vita.

Mi compro uno scooterone più cazzuto della moto di Judge Dredd. Dormite preoccupati....

venerdì 2 ottobre 2009

Soldi buttati

Trovate voi l’aggettivo: a me vengono in mente banale, inefficace, patetica.

Si è appena conclusa una campagna del Ministero della Salute per combattere la piaga dell’abuso di alcool e le ubriacature rituali tra i giovani, che spesso culminano in incidenti stradali dalle conseguenze tragiche.

Gli obiettivi della campagna, spiega il Ministero, consistono nella “promozione di comportamenti e stili di consumo sani e nel favorire una corretta percezione dei limiti e una corretta valutazione delle responsabilità personali, soprattutto se ci si mette alla guida di un veicolo”.

Come questi obiettivi possano essere raggiunti con un messaggio così melenso e inconcludente rimane da vedere. La prova del nove la daranno purtroppo le statistiche. Si avvicina l’inverno, le giornate si accorciano, cala la nebbia e le strade diventano scivolose.

Ancora una volta i soldi dei contribuenti vengono letteralmente buttati nel cesso per finanziare una campagna inefficace, il cui solo scopo è poter dire di aver fatto qualcosa da parte dei ciarlatani incompetenti che l’hanno pensata.

Ancora una volta, quelle efficaci campagne di pubblicità-progresso lanciate all’estero, che fanno ricorso a un realismo sconvolgente, non sono state prese ad esempio. Per la prevenzione Made in Italy è stata preferita la voce fuori campo dell'autorità: un messaggio fiacco e paternalistico, una grafica grottesca e un impatto emotivo vicino a zero. "Non gettare oggetti dal finestrino" avrebbe generato lo stesso coinvolgimento. Questo tipo di prevenzione non funziona. Anzi fa ridere.

Conoscete qualche ventenne che beve in eccesso? Quanto pensate che sarà sensibile a un messaggio del genere? Zero.

Quei soldi sarebbero stato spesi meglio aggiungendo letti ai reparti di Pronto Soccorso o rimpinguando il Fondo Vittime della Strada.

Visto che la prevenzione affidata agli incapaci non ha speranze di funzionare, meglio agire sulle inevitabili conseguenze.