sabato 26 febbraio 2011

Pagliacci!


Il 17 Febbraio è entrata in vigore l’ordinanza cialtrona che abbassava a 70 kmh il limite di velocità sulle tangenziali di Milano. La brillante idea rappresentava la risposta della provincia all’inquinamento dell’aria, della serie: non so quali misure prendere, ma intanto abbassiamo il limite di velocità, chissà magari funziona.

Non è dato sapere su quale fondamento scientifico si basi questa decisione, ma ne è chiara la matrice di profonda ignoranza e incapacità gestionale dei nostri reggenti. 

Si tratta di una classe di amministratori che non saprebbero amministrare un condominio di 4 appartamenti, pianificatori che non saprebbero pianificare una pisciata in un tratto autostradale con una stazione di servizio ogni 10 km e finirebbero per farsela sotto.

Il problema è che le loro decisioni da incompetenti influenzano la vita di milioni di persone. Già anni fa  qualche demente aveva abbassato il limite di velocità per le tangenziali milanesi a 90 kmh. Non ricordo quale fosse l’obiettivo: ridurre l’inquinamento, abbassare il tasso di mortalità, evitare le alluvioni in Bangladesh o altro.

La natura di questo anello autostradale è tale che, quando non è intasato (nel qual caso la velocità media scende a 20-30 kmh), la sua velocità “fisiologica” è 90-110 kmh. In questo intervallo di velocità si viaggia abbastanza sicuri e spediti. Qualunque andatura diversa (inferiore o superiore) rappresenta un potenziale pericolo. Non serve essere degli scienziati, basta avere qualche anno di patente e sono cose che risultano evidenti.

Ora sono passati nove giorni dall’entrata in vigore dell’ordinanza provinciale e basta percorrere 10 o 20 km di tangenziale per vedere che non è cambiato niente. Gran parte dei veicoli viaggiano tra 90 e 110 quando si può viaggiare e invece si fermano tutti quando la tangenziale è bloccata. Secondo i soloni della provincia quest’ultima dovrebbe essere una situazione ottimale: viaggiando a una media di 20 chissà di quanto si riduce l’inquinamento.

Gli utenti della strada, ignorando completamente i legislatori cialtroni, continuano a viaggiare alla solita velocità finché la strada è libera. Anche l’assenza di rilevatori funzionanti ha sicuramente avuto il suo peso, se cominciassero a fioccare le multe mi domando che cosa succederebbe. Intanto però, negli ultimi giorni non ho visto in giro né polizia né autovelox funzionanti.

E’ probabile che, dopo i soliti 15 giorni di polemiche e accese critiche, tutto ritorni alla normalità italiana. 
Il che vuol dire che i cialtroni legiferano fuffa e la gente si arrangia come può.

E intanto il 17 Marzo si festeggiano i 150 anni dell’unità d’Italia invece di fare una giornata di vergogna per come questa manica di pagliacci ha ridotto il  paese.

domenica 13 febbraio 2011

Me l’ero promessa


Era già un bel po' di tempo che mi girava per la testa una voglia di custom.
La sintomatologia era conclamata da un paio d'anni, l'avevo anche dichiarata qui sul blog. Non si trattava però di delusione nei confronti della mia moto attuale, tutt'altro.
La fedele FJR1300 è già la seconda di questo tipo che possiedo e non posso chiedere di più a un mezzo che se l'è cavata sulle sterrate della Tunisia come sulla Nordschleife del Nürburgring. 

Una moto rabbiosa e incollata alla strada, una frenata sicura e un assetto di guida tagliato su misura per me, che mi permette di fare tratte da 800-1000 km al giorno e di rifarne altrettanti il giorno dopo.

Ma allora perché una custom?

Frenata scadente, un terzo dei cavalli a fronte dello stesso peso della FJR1300, assetto di guida che alla lunga ti stanca, limiti di manovrabilità nelle curve a gomito e chi più ne ha più ne metta.
Per me la custom è una specie di "antimoto", una mietitrebbia luccicante che viaggia a 80-100 kmh sulle statali e che non ha velleità competitive. 
E' il relax più completo, la pigrizia di non cambiar marcia, la frenata ragionata e non la staccata ritardata, la curva ampia e pennellata invece del cambio di direzione improvviso.

Invece del 4 cilindri che spara rabbioso i cavalli fino alla zona rossa, la custom è una moto che il contagiri nemmeno ce l'ha…

Ti accoglie con il contrasto tra il nero della vernice e le sue cromature splendenti, con le ruote a raggi e il manubrio larghissimo, ti scuote con le vibrazioni (neanche eccessive per la verità) del suo classico V-Twin e ti porta in giro con l'aria sulla faccia senza risvegliare in te l'istinto competitivo, quello che ti fa entrare in curva 10 km più veloce e a frenare 5 metri più tardi.

C'è un momento giusto anche per quello, non ho certo intenzione di rinunciarci, ma con una custom ho voluto regalarmi qualcosa di diverso ma che mi piace altrettanto.
Chi di voi non avrebbe mai voluto ordinare due dessert al posto di uno? Perché dover scegliere tra i profiterole e il tiramisu?

Nessuno me ne vorrà se questa volta ho ordinato due dolci. Molto diversi tra loro ma che mi piacciono allo stesso modo.
Ieri ho ritirato la Kawasaki VN900 e ci ho fatto oltre un centinaio di km. Me li sono veramente goduti e ne farò tanti di più appena il tempo migliora.

C'è un proverbio americano che in italiano non fa rima, ma dice pressappoco così: la differenza tra gli uomini e i bambini è il prezzo dei loro giocattoli.

sabato 5 febbraio 2011

Due anni di blog

C'è poco da Rider compie due anni. Me l'ha giusto ricordato un amico che è più attento di me a queste ricorrenze e per questo gliene sono grato. Grazie Mario, i compleanni sono importanti per ricordarci quello che eravamo e quello che siamo diventati.

Il blog nasce quasi per scherzo per canzonare il motociclismo di tendenza e la pessima rivista che lo rappresenta. Solo in quelle pagine patinate potrebbero apparire servizi speciali dal titolo "L'abbigliamento firmato ideale per spurgare i freni" o "Come fare la guida sportiva indossando pantofole di seta".

Non, non cercateli nei numeri arretrati: questi articoli non esistono, ma non è escluso che possano uscire nei prossimi numeri.
Ma il blog ha cominciato ben presto a vivere di vita sua e non come semplice ombra della rivista ufficiale del motonarcisista.

Ce la siamo presa con gli automobilisti terzomondisti, i cafoni da noi votati per rappresentarci, i marchettari di settore che sbrodolano banalità e frasi fatte a manetta ogni volta che provano una moto concessa in prova dal fabbricante.

Peccato che la francese Voxan sia finita in liquidazione un paio d'anni fa, altrimenti i pennivendoli nostrani avrebbero avuto modo di tessere lodi sperticate per l'orrida Sport Tourer, la GTV1200, che la casa aveva progettato e fortunatamente mai messo in produzione. Tutti sappiamo fin troppo bene che cercare dei commenti equilibrati e obiettivi sulla stampa motociclistica italiana è come cercare un parlamentare onesto.

Dopotutto ne abbiamo solo 945 (630 deputati e 315 senatori) e, ammettendo che solo 1 su 1000 sia una persona seria, risulta evidente che si trova fra i 55 che non abbiamo ancora eletto. Da parte loro, gli Stati Uniti (che hanno 5 volte la popolazione dell'Italia) hanno 435 deputati e 100 senatori e sembra che gli bastino.

Ma torniamo a noi. Nel 2009 abbiamo inventato il termine "Italebani", che è il distillato delle tante "i" italiche: ignoranza, incompetenza, inaffidabilità, inciviltà, idiozia, irrilevanza, irresponsabilità e incapacità di mettersi in discussione.

Non è servito a molto, ma pensare che un minuscolo blog possa scalfire il prodotto di secoli di malcostume equivale a lasciare la moto smontata in garage sperando che domani mattina gli elfi ve l'abbiano rimontata.

In questi due anni abbiamo anche parlato di cani (i miei), di tiranni terzomondisti e di WD40. Insomma abbiamo parlato di un po' di tutto, come è giusto che faccia un blog.

L'intenzione è quella di continuare, tempo a disposizione permettendo.

Se voi ci state, entriamo senza esitazione nel terzo anno…