Una delle cose che apprezzo di più del fatto di vivere fuori da una metropoli, ma sempre tanto vicino da arrivare a piedi alla metropolitana, è il fatto che qui ci sono ancora la cartoleria e il ferramenta.
Che discorsi...direte voi. Questi negozi si trovano ancora a Milano o Roma e in altre grandi città.
Il fatto è che però sono quasi spariti e quindi è raro averceli sotto casa. Avendo abitato a Milano per undici anni, non ne avevo nessuno dalle mie parti.
Qui invece ci posso andare a piedi o in bicicletta. Se mi servono 5 (o anche 7) buste per corrispondenza, un foglio (e non dieci) di etichette adesive, non sono costretto a comprarne un numero fisso e a mettermi in coda alla cassa dietro un carrello contenente la spesa di un anno per una famiglia di 8 persone.
La vera magia però è visitare il negozio di ferramenta, con i suoi scaffali ordinati, le cassette di attrezzi, i banchi da lavoro, i compressori e i rotoli di tubo da giardino. Mi piace perfino l’odore di lamiera verniciata, cartone e olio minerale che ci si respira.
Puoi prendere le chiavi inglesi e soppesarle in mano, ruotare quelle a cricchetto per valutarne la fattura e la precisione, scegliere le punte da trapano direttamente dall’espositore.
Ma il fattore per me più importante è che puoi parlare con qualcuno.
La cosa più negativa della grande distribuzione è che l’elemento umano non c’è più.
Il Signor Paolo con lo spolverino blu lo trovate solo dal ferramenta (e ancora per poco, perché i figli lavorano in banca o insegnano matematica). Gli puoi chiedere informazioni, puoi fargli aprire una cassetta di ferri e se poi non ti bastano i soldi puoi anche tornare a pagare dopo. E’ lui che sale sulla scala e ti tira giù una cassetta di cartoncino con lucchetti, bulloni, ganci, occhielli, squadrette e mille altri articoli di ferramenta che prima o poi qualcuno cerca.
La maggior parte delle volte che ho fatto spese in un grande ipermercato del fai-da-te ho trovato invece interlocutori sprovveduti e disinteressati. “Se non trova l’articolo nella corsia 4 vuol dire che non ce l’abbiamo”. E non parliamo poi di chiedere loro qualche consiglio di ordine tecnico. Non hanno idea e non gli interessa averla.
Per molti addetti il motto è: lavoro qui ma non me ne frega niente: io sognavo di fare il DJ.
Parole sacrosante. Io invece che darei non so che cosa per lavorare tra gli attrezzi oppure in un magazzino ricambi di una concessionaria per ora resto in cassa integrazione, quarantun anni, dieci di esperienza sul campo con ottimi risultati ma poche residue possibilità di assunzione in posti dove contano più i dati anagrafici e gli sgravi fiscali per l'assunzione che non la dedizione e l'impegno sul lavoro. Aspetto, spero e continuo a cercare...
RispondiEliminaarbeit macht frei...
RispondiEliminain bocca al lupo, sburbiz.
conoscete il film "la classe operaia va in paradiso"?
http://www.megavideo.com/?v=S2JSZYVJ
è del '71 e casomai vogliate vederlo vi sconsiglio di farvi influenzare dalle recensioni.
Beh, io abito a Torino e nel giro di due isolati ne ho ben 3 di ferramenta…sarà per i suoi trascorsi (decisamente dimenticati) di città industriale!:))
RispondiEliminaSe non ne ho motivo, me lo invento, pur di andarci…ma anche in coltelleria, dove i due vecchietti (che mi sa hanno conosciuto anche Garibaldi) tengono duro ma mi hanno proposto di rilevare negozio e laboratorio (che tentazione!)… le emozioni che hai scritto, gli odori, gli occhi persi tra migliaia di chiodi, viti e bulloni…ma quello che più mi affascina è avere a che fare con gente che ha problemi con la frugola, la maniglia che s’è mangiata il dentino, il tubo da raccordare, la staffa da modificare…e tu lì, col tuo calibro pronto a risolvere!
Se in Italia ognuno lavorasse con coscienza e partecipazione (nonostante tutte le implicazioni personali e non) le cose andrebbero meglio e molti errori ed incazzature, evitati.
Put, come al solito allarghi il pensiero ma a proposito di classe operaia propongo un film decisamente più attuale (ma connesso a quello) e che ha a che fare con ciò che scrive Burbiz: “Mammuth” con Gerard Depardieu. Film lento e “sghembo” ma dal messaggio inequivocabile e provocatorio e, tra l’altro, con una moto come co-protagonista.
14.30
RispondiEliminail film del petri è più attuale adesso di quarant'anni fa.
l'ho rivisto giusto questa notte e lo consiglio caldamente.
oggi ci sono dj ricchi, famosi e con tanto di lauree ad honorem (un esempio su tutti i fratelli di molfetta, linus e albertino), a legittimare i sogni giovanili.
in compenso un venticinquenne titolare di bottega si potrebbe definire tra l'ambizioso e l'ingenuo, se pensasse di portare i figli alla laurea.
non so voi, ma io mi rendo conto di aver passato almeno 10 anni della mia vita a credere di fare parte di gruppi di persone con le quali non avevo nulla a che spartire. e ho pure la presunzione di essere fra i pochi ad essersene accorti.
di questo parla "la classe operaia": del velleitarismo degli umili.
... quelli che desiderano il minimo indispensabile di ciò che non possono avere.
RispondiElimina;)
ho scritto "più attuale" perchè la classe operaia non esiste più.
RispondiEliminaQuella che intendi più è un'altra classe, ben più numerosa e sì, attualissima (anche se negli anni 60/60 Pasolini l'aveva già vista nascere e l'ha denunciata ad ogni piè sospinto)...
E' stato l'unico ma sai, era un frocio e bollato pure come comunista (lui che il piccì l'aveva messo all'indice quando era ancora poco più che ragazzo)...