Ragazzi, che caldo infame.
Strizzando gli occhi in questa luce abbagliante, dalla finestra vedo ogni tanto qualche moto che passa.
Tutti in maniche corte, tutti in calzoncini. Non li invidio per niente.
Io vestito così non uscirei, nemmeno se facesse il caldo più fetente di agosto, vedi oggi per esempio.
Indosserei di sicuro qualche capo leggero, ma senza rinunciare alle protezioni interne. Le giornate così sono quelle predilette dagli storditi (quelli su quattro ruote e quelli su due) per inventarsi gli incidenti più assurdi.
Non dimenticherò mai quell’estate di quasi quarant’anni fa, mentre cercavo di attraversare una strada statale divisa da aiuola spartitraffico per immettermi nella carreggiata opposta.
La prima metà della strada era un muro di automobili che procedevano a passo d’uomo verso il mare, l’altra metà (vuota) era quella che portava in città.
Si crea un minuscolo vuoto nel fiume di traffico, lo attraverso rapido con la mia motina. Sono al varco nello spartitraffico, guardo a destra: non viene nessuno. Il tempo di rilasciare la frizione e entrare in carreggiata, sento a sinistra un urto violento all’altezza della forcella e mi ritrovo steso in terra sulla schiena con la testa rivolta al cielo. Non dimenticherò mai l’attimo di stordimento in quel bagliore lancinante del sole, l’odore dell’asfalto rovente e la puzza della miscela che inizia a sgocciolare da un serbatoio, forse il mio.
Un idiota con
Lo lascio per chiamare un’ambulanza e me ne ritorno con la moto zoppicante in garage.
Mi poteva andare molto peggio. Ancora pochi centimetri e mi giocavo il ginocchio sinistro.
Colpa del caldo? Non lo so, ma io resto in casa quando fa un caldo così.
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