Il mio amico David è morto.
Ci siamo visti ogni anno per almeno 5 anni in occasione delle mie tradizionali vacanze estive in America, ma da due anni i nostri contatti si erano rarefatti. Sapevo da tempo che le cose non gli andavano bene, che non era contento del lavoro e del fatto che guadagnava poco. C'era anche una vecchia storia tra lui e la bottiglia, ma sembrava che ne fosse uscito.
David faceva lo chef ed era anche uno bravo. Il suo problema era che non sapeva farsi valere. Appena faceva un po' di carriera, la gestione dei collaboratori e delle responsabilità non gli riusciva e, dopo qualche tempo di risultati deludenti, veniva licenziato.
Questa volta sembrava quella buona. Dopo vari anni di lavoro poco qualificato e mal pagato, si era trasferito dal North Carolina in un altro stato per assumere la responsabilità di un' intera struttura ricettiva.
Pareva proprio che le cose avessero preso a girare per il verso giusto dopo anni di vacche magre. David non era un appassionato motociclista come il mio giro di amici di Raleigh, ma era di certo rimasto contagiato dal cameratismo e dallo spirito indipendente di chi gira su due ruote. Si era comprato una Harley 883 e aveva iniziato a prendere gusto alle uscite in moto: il baccano, le vibrazioni e l'aria in faccia su quelle strade senza fine dell'Heartland americano.
Poi, a sorpresa, l'ennesima delusione. L'avevano lasciato a casa ancora una volta.
L'ho sentito al telefono qualche settimana fa in occasione del suo compleanno. Non era più lui, la voce era spenta e del tutto priva di vitalità.
Qualche giorno fa mi è arrivata la notizia. David l'ha fatta finita. Ha sistemato tutte le sue cose, ha regolarizzato tutte le sue carte per non lasciare niente in sospeso, poi si è tolto la vita.
Con lui se n'è andato un bravo diavolo, uno spirito mite e tranquillo. Non l'ho mai capito fino in fondo e ora non capisco il suo gesto. Spero solo che abbia trovato quello che cercava.