lunedì 26 luglio 2010

Otto milioni di mozzarelle

Prima di andarsene a dormire, dopo la razione giornaliera di inefficienze, malcostume e cialtroneria, il nostro Bel Paese si racconta ogni sera la favola del Made in Italy, una palla patetica come gli otto milioni di baionette.

Sapete, roba dei tempi della seconda guerra mondiale, quando rapidi e invisibili partivano i sommergibili però gli Alpini andavano in Russia con le scarpe di cartone.

Ma il Paese conta su queste bufale autoreferenzianti per far addormentare i cittadini-bambini. Si stordisce bene bene guardando il calcio e ha il cuore gonfio di orgoglio per il suo impegno per la pace nel mondo, che consiste nel mettere fuori al balcone le bandiere arcobaleno. La bandiera nazionale no, quella solo se l'Italia gioca ai mondiali. Quest'anno il tricolore è ancora nuovo di pacca.

Il Paese è contrario alle guerre, però i volontari vanno in Afghanistan perché lì si guadagna di più. Basta che quegli altri non gli sparano, però. Non sia mai che un talebano apra il fuoco che le mamme dei militari in missione vanno subito a strapparsi i capelli in TV. Cercasi zona di guerra dove non si spara per poter mandare tranquilli una missione di pace.

E intanto l'italiano esige con fermezza la qualità italiana: si moltiplicano i consorzi DOP, l'ordine professionale dell'aceto balsamico, il gran giurì dei capperi, i templari del pecorino, l'inquisizione della mozzarella.

I gran sacerdoti del Made in Italy vanno alle fiere internazionali a difendere la purezza del marchio mentre a casa hanno l'emergenza rifiuti. La ricottina ha il bollino blu della goletta verde, però sa di merda.

"Latte Pippo DOC: solo mucche italiane". Perché, vi fanno schifo le mucche svizzere, austriache o francesi? Che cosa hanno di speciale le mucche italiane? Sono meno pazze delle altre? Se mangio una bistecca di Angus o una costata sudamericana sto rischiando la pelle? L'ignorante, che non sa decidere di suo, ama i luoghi comuni e se ne fa propagatore: "Al bambino ci do la fettina di carne italiana, ecchè scherziamo?"

Poi arriva la pubblicità televisiva di una nota birra nazionale: "Birra Pluto, 100% puro malto italiano". L'Italia non è nemmeno fra i primi 10 produttori di malto al mondo, ma deve avere una sua ricetta segreta. Non accettate birra fatta con malto straniero, magari tedesco o belga. Sappiamo che fetenzie di birre ci fanno quelli là. Dell'origine del luppolo però la pubblicità non parla, magari lo compriamo da un fornitore scomodo.

Terzo millennio. Nel mondo globale l'Italia scava trincee alimentari da Trieste in giù. Partono iniziative frenetiche sui mercati esteri per combattere le contraffazioni alimentari. La parola d'ordine è: "I marchi taroccati (Parmezan, Prisecco, Amarotto di Sarenno, Lambresco) frenano la diffusione dei prodotti di qualità". 
Come dire che i Rolex fasulli frenano le vendite di quelli autentici. 
Ma siamo seri!

Il problema è proprio quello: per essere seri ci vuole gente seria.

martedì 20 luglio 2010

Dieci metri

Sono in moto e sto attraversando un quartiere periferico della città. Il traffico non è intenso ma disordinato e l'impressione è quella di essere in un videogioco nel quale le minacce spuntano da ogni angolo. Furgoni fermi in seconda fila, auto contromano, l'imbecille che esce a retromarcia dal passo carrabile, i pedoni-gallina che attraversano la strada guardando dalla parte sbagliata.

Non mi piace girare in città con la moto. Se la sua potenza è tale da tirarmi fuori dai guai in un secondo, le dimensioni e il peso sono uno svantaggio. Mi accorgo di guidare teso e so di non divertirmi per niente.

Da un paio di minuti sto seguendo un vecchio furgone bianco, un Nissan Vanette malandato con una pellicola scura incollata sul lunotto posteriore. Praticamente ho un muro davanti e non vedo niente. Il fatto di non poter vedere il guidatore, poi, mi infastidisce e vorrei superarlo. Ma in questo pezzo di strada non ho possibilità, nell'altra direzione le macchine arrivano  cadenzate regolarmente al punto da rendere impossibile il sorpasso.

C'è poi qualcosa di strano in questo furgone, qualcosa che istintivamente non mi convince e mi rendo conto di aver tolto la mano dal gas come riflesso condizionato. Mi sembra che il mezzo cammini fuori asse, che sia storto. È un modello di oltre 15 anni fa, il motore è malmesso a giudicare dai fumi di scarico e anche le ruote non  sono in gran forma. La vernice bianca è opaca e sembra data a pennello…

Deve aver preso una botta da dietro e sarà stato riparato alla fai-da-te. Mi accorgo di aver aumentato istintivamente la mia distanza dal furgone, ormai ci separano dieci metri. Ecco che cosa non mi convinceva: i segnalatori posteriori devono essere guasti, ha certamente frenato un paio di volte e non si sono accese le luci dei freni.

Mentre ragiono così, la strada si allarga in una piccola piazza, il Nissan accosta a destra liberandomi la visuale. Ora finalmente vedo strada libera per duecento metri, più i dieci che ci separano. Esito un attimo perché ho ancora una sensazione di allarme che non mi molla.

Ma lo scooterone che ho visto arrivare sparato nei miei specchietti non ci pensa su un attimo, sento il frullatore che sale di giri e mi supera a razzo pochi centimetri alla mia sinistra.
Lo scooter schizza via rapido e intravedo un tizio in bermuda col casco jet e i braccini languidi appoggiati al manubrio. Intanto il Nissan si è spostato ancora a destra ma ha iniziato una conversione a U senza rallentare

Per lo scooter non c'è scampo e lo vedo schiantarsi nel furgone all'altezza dello sportello del guidatore.

Dieci metri e toccava a me.

sabato 17 luglio 2010

Vacanze al sol d'Italia

Riceviamo questo accorato appello e lo pubblichiamo:

Buongiorno a tutti, sono C.M. (nome abbreviato dalla redazione), sindaco di Nerchiate sul Groppone, un ridente comune della dorsale appenninica con frequente vista sul Mar Tirreno. 
Dico frequente perché ci sono giorni che fa brutto e il mare non si vede. Siccome l'anno scorso un gruppo di tedeschi ci ha fatto causa perché non si vedeva il mare (mentre sul depliant ci stava scritto vista mare), quest'anno facciamo le cose come si deve, massima trasparenza, o per dirla in polacco solidarnosc (sic).

Il paese che ho l'onore di servire come primo cittadino sta subendo fortemente la crisi economica senza averne colpa. Confermo in qualità di sindaco che nessun abitante di Nerchiate è responsabile della crisi globale; se lo fosse ve lo direi e avrei già preso i provvedimenti del caso. Eppure ci ritroviamo con gli alberghi (che poi è uno solo: l'Hotel Miratutto) e i campeggi vuoti, anche per il mese di agosto che fino ad ora ci faceva registrare il tutto esaurito.

La pizzeria Da Gennarino ha chiuso, il Bar Italia è stato comprato da cinesi, insomma l'infrastruttura culturale del paese si sta sgretolando. Il Nuovo Cinema Purgatorio è ormai abbandonato dal 1974.
Ecco quindi il perché del mio accorato appello. Voi che siete motociclisti e girate l'Italia spendendo soldi, magari in posti che non ne hanno bisogno (che so, il Lago di Garda, la Liguria e il Trentino), venite a spenderli qui. Gustate l'ampia offerta culinaria della regione, che si basa tutta sulle salsicce e la loro millenaria cultura.

La giunta comunale che ho l'onore di presiedere ha varato misure straordinarie per attirare il turismo qualificato come il vostro.

Abbiamo tolto la monnezza dalle strade (per ora l'abbiamo messa nel vecchio cinema) in attesa di provvedimenti del governo. I sei autovelox sono stati disattivati e i due vigili urbani hanno disposizioni di chiudere un occhio sulle violazioni meno serie. L'albergo ha ripristinato l'acqua corrente in quasi tutte le stanze, ha un televisore a colori nel ristorante e pratica tariffe speciali a partire da 50 Euro la doppia con la piccola colazione compresa.

Il campeggio ha tagliato l'erba alta e allontanato le bisce dopo gli incresciosi episodi della scorsa estate e vi attende con discoteca e animazione fino alle 3 del mattino. Per non disturbare gli ospiti che preferiscono dormire, le attività si terranno nella piazzetta dell'albergo.

Insomma, che aspettate? Venite a trascorrere le vacanze al sole d'Italia.

Con osservanza
C.M.

PS: Ah dimenticavo, siamo "comune per la pace", territorio denuclearizzato e per protestare contro l'inceneritore dei rifiuti abbiamo bloccato per un giorno la linea ferroviaria. Insomma abbiamo tutte le carte in regola!

sabato 10 luglio 2010

Ti saluto

Le strade si affollano di motociclisti, italici e stranieri,  ora che si rischia di prendere una settimana intera di sole e la tuta antipioggia può restare sul fondo del bagaglio.

Se ne vedono a centinaia e il tuo braccio sinistro è sempre pronto a salutarli o a ricambiare il loro saluto.

Già, il saluto! Una di quelle cose che ci separa dagli automobilisti e ci pone a millenni di distanza dagli scooteristi nella scala evolutiva.

Il saluto del motociclista si presenta in tante forme diverse, ognuna espressione della personalità del titolare del braccio (o a volte della gamba).

Ci sono volte però che il saluto non ti riesce, ma non è per alterigia o supponenza. Sono quei momenti in cui ti servono tutti gli arti del corpo e la testa non può che puntare l'uscita dalla curva: stai arrivando allegrotto in un tornante, il solito ciclista davanti a te sta facendo i bordi come una barca a vela e dall'altra parte scende una vecchia Honda Pan. Scali due marce, scansi il ciclista, imposti una traiettoria semi-decente ed esci dalla curva. Il tizio della Pan ti ha salutato, ma tu non avevi un arto libero per contraccambiare il saluto.
Se è uno che va in moto da qualche anno, avrà capito che avevi altro da fare.

Ma torniamo ai saluti riusciti.
C'è il saluto lento e ampio, il braccio che si abbassa verso la strada e risale solenne verso l'alto, le dita della mano che formano una V.  È il saluto che dice: ciao fratello, giornata da moto oggi. Buona strada a te.

C'è il saluto nervoso di chi non ha che un secondo di tempo prima di dover tornare alla condotta del mezzo. Come se quello della Pan ti avesse incrociato un attimo prima della manovra cliclista/tornante.
Anche quello è un: ciao! ma un po' stressato.

C'è il saluto elettronico di chi ti lampeggia e basta. Non mi soddisfa più di tanto ma può ancora andare.

C'è infine il "saluto italico", il più stitico della serie.
Incontri un motociclista in rettilineo, zero stress, mani e piedi liberi salvo la presa sulla manopola del gas.
Lo saluti con il gesto consueto e lui ti risponde sollevando due dita guantate dalla manopola sinistra.

Fatto, tutto qui. Due dita.

Ma non vogliategliene male. Al motociclista italico quella manovra è costata comunque uno sforzo psicologico immane. C'è stata un'illuminazione sconvolgente, qualcosa che solo anni di psicoanalisi possono produrre.

Ha dovuto ammettere a se stesso di non essere l'unico utente della strada in quel momento. Ha preso coscienza del fatto che c'era anche qualcun altro a cavallo di una moto, che la sfera terrestre era popolata anche da altri umani e non solo da lui.

Il saluto, nella sua forma elementare di riconoscimento dell'esistenza del prossimo, c'è comunque stato.

Sappiate anche che  scoprire così bruscamente di non essere il primo e l'unico motociclista al mondo gli ha rovinato la giornata. Vi deve bastare.