domenica 31 maggio 2009

Palette e fischietti


Dopo due settimane di assenza dal volante, riprendo oggi la macchina diretto a Oltrona, sul Lago di Varese.

Mentre mi immetto nella rotonda di Capolago, scoppia improvvisamente un baccano infernale di clacson e fari che lampeggiano. Penso subito: "un bel matrimonio di cafoni!". Macchè. 

Arrivano in velocità tre o quattro scalmanati in scooter e moto assortite, tutti che agitano come forsennati palette tipo polizia. I gesti imperiosi sembra vogliano creare un passaggio nel traffico domenicale, ma non è affatto chiaro come e perchè. Arrivano ora due o tre auto civili con clacson a manetta, tappezzate di adesivi e con vistosi portabici sul tetto. 

Ah, adesso forse la cosa è più chiara. Si tratta di una corsa ciclistica. 

Ecco infatti sbucare un gruppo di circa 20 cicliste che viaggiano compatte pompando sui pedali nelle loro tutine in lycra colorate. Si aggiungono alla bolgia due ebeti della polizia locale che viaggiano in fuorigiri con le loro moto biancoverdi e i lampeggiatori blu in funzione: sarebbero forse gli unici legittimati ad aprire un varco nel traffico con le loro onnipotenti palette, ma visto che sono gli ultimi del corteo si accontentano di fare casino in coda.

Che processione sbracciata e cialtrona! La disorganizzazione italica si esprime in maniera direttamente proporzionale al baccano fatto. Basta un gilet rifrangente, una paletta e un adesivo del "Giro Ciclistico Nubili contro Ammogliate" e un fesso qualunque diventa eroe per un giorno, un giustiziere in missione come Judge Dredd.

Basterebbe della segnaletica provvisoria, un paio di auto e moto della polizia che regolano il traffico e anche l'utente della strada più stordito capirebbe perchè d'improvviso deve accostarsi o fermare la macchina. Così invece ti vedi nello specchietto una carica di civili forsennati, animati dal fuoco sacro della corsa locale che si agitano come degli ossessi con risultati zero e rischio di incidenti mille.

Non ho niente contro le gare ciclistiche, le sagre dei tortelli o le corse nei sacchi, finchè la solita mancanza di coordinamento non mette in pericolo i partecipanti e chi si trova a passare. Questi episodi di pressappochismo e di latitanza organizzativa da parte di chi è chiamato a tutelare la sicurezza stradale sono sempre stati un distintivo dell'Italia cialtrona e parolaia. E' quel lato medio-orientale che la rende pittoresca e la condanna all'irrilevanza più totale.

La sicurezza sulle strade non la fanno i velox, nè tantomeno i fischietti o le palette dei pisquani in sandali sullo scooterone; servono dei professionisti che sappiano farlo. Alla polizia locale meglio affidare le multe per il cane che sporca la strada e il presidio delle strisce pedonali davanti alle scuole. Forse.

sabato 30 maggio 2009

Le piccole cose

Mentre organizzo le centinaia di foto scattate nel viaggio a Istanbul appena concluso trovo di continuo vedute spettacolari e paesaggi mozzafiato.
Sono delle cartoline, se volete, riprese da milioni di turisti prima di me e icone irrinunciabili che altri milioni di visitatori non potranno fare a meno di fotografare.

Mi cade però l'occhio su questa istantanea sparata a poche centinaia di metri dalla frontiera tra Bulgaria e Turchia e d'improvviso mi ritrovo lì, nella zona di Edirne, con il vento che alza una polvere fastidiosa e la strada deserta che se ne va verso Sud-Est in una luce accecante.

E' ora di pranzo, siamo accaldati e affamati e ci fermiamo in una stazione di servizio turca che offre dei tavolini all'ombra. Si scopre poi che le pompe di benzina non sono in funzione e il ristorante lo stanno ristrutturando. Ma il proprietario non ci manda via, ci fa ordinare il pranzo che vogliamo e poi se lo fa recapitare da una qualche cucina nelle vicinanze.

Guardando questa immagine sento ancora il profumo di quei Doner Kebab, la forza di quei peperoncini grigliati e ho in mano una Tuborg gelata. Sono proprio le piccole cose, i momenti di classe B, quelle istantanee di vita vissuta a rendere indimenticabile un viaggio, qualunque viaggio. Forse ancora più delle grandi foto, delle riprese studiate e degli effetti di luce ricercati.

Quattro amici accaldati che cercano un poco d'ombra, un filo di vento e qualcosa da mangiare in uno scenario ancora sconosciuto. Ci sono ilarità, cameratismo, profumi esotici, il sollievo di essere arrivati in Turchia senza problemi e l'aspettativa di tanta strada ancora sotto le gomme, tanti altri pasti insieme e chissà quanti litri di birra fredda.

Più della Moschea Blu e del labirinto multicolore del Gran Bazaar, la Turchia di fine Maggio 2009 la rivedo in questa foto e ne provo una strana nostalgia.

giovedì 28 maggio 2009

Non mi resta che un video

Il post precedente l'ho scritto 7 giorni fa a Kalambaka, in Grecia, con ancora 1500 km di strada davanti a me prima di arrivare a Milano.

Ora sono a casa, la borsa da serbatoio è ancora piena di materiale fotografico e la cartina della Grecia spunta da una lampo mezza chiusa. Ho dato una veloce pulita alla moto, che era un autentico cimitero entomologico con insetti di varie regioni balcaniche tumulati alla rinfusa.

La mia testa però si rifiuta di accettare che il Raid di Istanbul sia finito e che domattina non si debba ripartire per fare altri 700 km di strada. La cosa più grave è che, a giro finito, è il caso di dare un taglio alla quantità di birra ingerita. Se dopo 10 ore di moto si ha veramente bisogno di idratarsi e distendersi, una giornata a Milano non giustifica libagioni esagerate.

Dove l'attesa e la preparazione prima del viaggio sono state eccitanti e piene di aspettativa, il dopo è un vero pianto. Niente adrenalina, niente sguardo alla tabella di marcia, niente paesaggio che ti schizza via ai lati della visiera. E anche la sensazione di onnipotenza che ti dà gestire 145 cavalli con una sola mano o affrontare curva e controcurva con il solo spostamento della testa se n'è bella che andata.

Non mi restano che dieci minuti di video e la voglia di ripartire...

giovedì 21 maggio 2009

Lasciando Istanbul

Chi vuole entrare a Istanbul deve accettare il fatto che il traffico della metropoli turca cominci già a cinquanta chilometri di distanza, da qualunque direzione si provenga.

E chi lascia Istanbul, come abbiamo fatto noi diretti alla frontiera greca, deve essere pronto a sopportare cinquanta chilometri di traffico intenso prima di esserne definitivamente uscito.

Dopotutto, un agglomerato di 13 milioni di abitanti garantisce la presenza di un'ora di punta che dura 24 ore al giorno e copre centinaia di chilometri quadrati.

Poi, lasciata la città, il nulla. Dopo aver fatto un interminabile slalom tra rampe, raccordi e svincoli e dopo quasi un'ora su un'autostrada urbana a tre corsie, ci ritroviamo improvvisamente a viaggiare paralleli al mare in un paesaggio monotono, costellato di squallidi villaggi, moderne stazioni di servizio e bandiere con mezzaluna e stella che sventolano dappertutto.

E' la Tracia, regione che porta lo stesso storico nome anche una volta passati in Grecia.

Si naviga con la bussola, visto che in terra turca manca del tutto la segnaletica che indichi la strada per la nazione confinante e tutt'altro che amica.

Solo arrivati a poca distanza dalla frontiera appaiono dei cartelli misteriosi che recano il nome "Yunanistan".
Ma dove stiamo andando? La domanda viene spontanea.

Niente paura, siamo sulla strada giusta. I turchi la Grecia la chiamano così.

La frontiera dal lato turco ha un aspetto formidabile, é una fortezza circondata da filo spinato e sulla quale sventolano enormi bandiere. 

I controlli, anche in uscita, sono piuttosto severi e l'area doganale é enorme. Poi finalmente si arriva al ponte sul fiume Evros, che marca il confine. Sul lato turco ci sono due garitte con un paio di soldati armati e dall'espressione impenetrabile.

Anche sulla sponda greca ci sono due militari armati, ma hanno l'aria annoiata di chi non fa la guardia a niente. Uno di loro vede arrivare il nostro piccolo convoglio di quattro moto e ci saluta con la mano.

Siamo ritornati in Europa.

domenica 17 maggio 2009

Balkan Express

Siamo a Sofia da qualche ora, dopo 800 km di strade di ogni tipo che ci hanno portati qui da Zagabria.

Ieri sera eravamo a passeggio nella Tkalčića Ulica della capitale croata, gustando l'atmosfera un po' bohemienne di questa suggestiva strada piena zeppa di bei locali e gremita di gente giovane e allegra.

Oggi invece abbiamo sperimentato un'uscita serale nella capitale bulgara, un'esperienza sconfortante. Città sgangherata, traffico demente, tassisti scostanti, camerieri incapaci. Insomma, un paese dell'ex blocco sovietico che non riesce ancora a voltare pagina.

Peggio per loro. Domani noi ripartiamo e ci dirigiamo su Istanbul.

La strada percorsa oggi ci ha regalato alti e bassi. La noia dell'autostrada croata semideserta da Zagabria al confine serbo, l'attraversamento di Belgrado e il proseguimento fino a Niš (cercando senza successo di restare nel limite di velocità serbo di 120 kmh), seguiti da un centinaio di chilometri di statale piena di TIR fino al confine bulgaro sotto la minaccia di un gigantesco temporale, che finalmente ci ha spruzzati per cinque minuti arrivati a mezz'ora da Sofia. Poi l'ingresso in questa città caotica, cialtrona e polverosa.

Domani, dicevo, lasciamo la Bulgaria diretti a Istanbul. Ho promesso ai miei compagni di viaggio di portarli a mangiare pesce in un ristorante del quartiere Sultanahmet.
Spero solo di riuscire a ritrovarlo, perché ormai ci hanno fatto la bocca e corro il rischio di un ammutinamento…

venerdì 15 maggio 2009

Si parte


E così siamo arrivati alla partenza per Istanbul.

Ci sono stati un po' di cambiamenti dell'ultim'ora: Flavio, che era stato fra i primi a confermare la sua partecipazione, ha dovuto purtroppo rinunciare per dei problemi di salute.

Al suo posto però arriva all'ultimo minuto Marco, che ha ritirato il passaporto soltanto oggi! Un bel suspense, ma il prezioso documento (che in realtà serve solo per mezza giornata di transito in Serbia) é ormai acquisito e Marco si unisce definitivamente al gruppo.

Alfred è arrivato semiasciutto dalla Svizzera. Lui vive presso Schaffhausen ma si era fermato per un paio di giorni nel Canton Ticino. Durante il viaggio gli sono andate in tilt le trombe della moto, ma in dieci minuti abbiamo sostituito il relè e il suo avvisatore acustico è di nuovo in funzione.

Luciano è pronto, anzi prontissimo, e sicuramente sara' in piedi all'alba domani mattina anche se partiremo attorno alle 8.00.

Ora diluvia a Milano ma noi, birra in mano, lasciamo che piova quanto vuole. Domani ci piacerebbe trovare strada asciutta o, al massimo, profumata di pioggia che si asciuga, come dice Marco.

Chissà che non mi riesca di aggiornare il blog nel corso del viaggio. Magari gettateci l'occhio ogni tanto per vedere se ci sono notizie dei "Turchi".

Mi auguro buona strada da solo!

mercoledì 13 maggio 2009

Tutto si ricicla

Mi sono accorto con sorpresa che in politica non si butta mai via nulla.

Vi siete mai chiesti che fine hanno fatto i vecchi politicanti trombati anni fa? Sono lì che ancora militano nelle file del partito e non rischieranno mai di perdere il posto.

E che fine hanno fatto vecchi simboli sputtanati in Italia o addirittura bocciati clamorosamente nella storia del mondo? Sono ancora lì, pronti per essere rispolverati e tirati fuori alle prossime elezioni.

E’ incredibile dover imparare dalla politica l’arte del riciclaggio, ma se guardate alcune icone che appaiono in questi giorni sui manifesti elettorali, vi renderete conto che non si butta mai niente e la vergogna o il discredito, per quanto clamorosi, durano solo pochi anni.

Ci sarà sempre un ebete che metterà la sua crocetta su quel simbolo, non importa quanti soldi siano stati rubati da quel partito o quanti milioni di morti quell’icona abbia sulla coscienza.

In realtà, coscienza è la parola sbagliata. Non c’è coscienza nella politica. C’è solo l’obiettivo di farsi assumere dal contribuente, mettergli in conto viaggi e trasferte e vivere da signori alle sue spalle, facendo l’assenteista di lusso già dal primo giorno come parlamentare.

Ho deciso, mi candido in politica. Peggio di questa classe di sbafatori professionisti non posso fare.

Tra l’altro, il simbolo giusto ce l’ho già…

domenica 10 maggio 2009

Come un buon vino


La preparazione di un viaggio in moto è un po' come un buon vino: si sorseggia lentamente per gustarne il sapore e non perderne la minima sfumatura.

Mancano solo sei giorni alla partenza per Istanbul e i preparativi proseguono senza urgenza, ma con l'obiettivo ben chiaro nella mente. La moto è pronta, gomme nuove (le turistiche Continental ContiMotion dovrebbero assicurare una buona performance sulla distanza ma non mancare di grip) e olio nuovo, sia nel complesso motore/cambio che nella trasmissione cardanica. Tutto il resto, dai fari ai freni, è stato già controllato ed è OK.

Oggi ho cominciato a preparare i vari attrezzi e ricambi che mi accompagneranno in viaggio: lampadine, fusibili, kit dei ferri e il necessario per riparare eventuali forature.

Come ultimo gesto questa sera, prima di spegnere la luce in garage e chiudere la porta, ho infilato sotto il parabrezza i guanti che userò per il viaggio.

Mi sto veramente gustando questo buon vino dei preparativi. Ha il sapore di un'avventura da tempo sognata e che finalmente sta prendendo forma.

Il viaggio vero e proprio mi fa invece pensare più alla birra che al vino. Lo vedo come un boccale spumeggiante di birra gelata che scende a spegnere quella sete di strada che c'è in ognuno di noi.

martedì 5 maggio 2009

Che gente gira

Oggi ho visto squadre di addetti impegnate a mettere su i consueti pannelli per i manifesti elettorali. In Italia presto si vota e si riconferma ancora una volta l'incarico a una classe politica di furbacchioni che sorridono sinceri e abbracciano i bambini solo quando le elezioni sono alle porte.

Ma le brutte notizie non finiscono qui. Ci avete mai pensato che il vostro voto e quello di chi getta le immondizie nei prati valgono lo stesso?



E cosa dire di quelli che rubano le biciclette parcheggiate alle stazioni del metro? Anche il loro voto vale come il vostro e quella gente ha gli stessi vostri diritti (a volte anche qualcuno in più).


Lo stesso discorso vale ovviamente per chi se ne va in giro con le bombolette spray alla ricerca di muri appena verniciati per mettere giù la sua "firma" di sfigato. E già, anche il suo voto vale come il vostro. Che bella cosa la democrazia...peccato che le alternative siano tutte peggiori.

E come motociclisti, ricordiamoci sempre che la macchina che ci segue o ci precede potrebbe essere guidata da uno di questi campioni di civiltà. Occhio ragazzi! Giudicare il prossimo con il nostro metro, quando si guida una moto può avere effetti letali.

sabato 2 maggio 2009

La moto cambia casa


La mia moto ha finalmente il suo nuovo garage.

Dopo anni in un minuscolo box a litigarsi lo spazio vitale con cianfrusaglie varie, attrezzi sparsi e cassette di birra, da ieri la mia moto ha un garage (quasi) tutto per sé.

Il momento storico è arrivato nel primo pomeriggio. L’ho spinta per l’ultima volta fuori dal vecchio box e l’ho portata alla sua nuova casa in una splendida giornata primaverile.

Problema: il vecchio box dista dal nuovo garage solo 3 km.
Mi sembrava una distanza irrisoria e poco degna di un’entrata trionfale nella nuova residenza. Allora ho “sbagliato strada” e mi sono fatto un giretto di 15 km. Ancora troppo pochi, ma in questi giorni il tempo è tiranno e non posso permettermi di andarmene in giro per più di mezz'ora.

Sole caldo, aria frizzante: sarei potuto felicemente arrivare alle Dolomiti o al mare. Sarà per la prossima volta.

All’unico semaforo presente sul tragitto, mi si è affiancato un tizio con la V-Strom 1000 e al verde ha tentato il colpo di mano. Di solito non mi presto a questi giochini, ma ieri avevo voglia di adrenalina: ho spalancato il gas e gli ho fatto mangiare un po’ di scarico LeoVince condito con una spolverata di decibel finché il pisquano non ha compreso che la legge del più forte non ammette eccezioni.