giovedì 26 agosto 2010

Esculapio Travel

Sta prendendo piede anche da noi la formula del turismo medico, un sistema per viaggiare e farsi operare spendendo molto meno all'estero di quanto lo stesso intervento non costerebbe in Italia.

Ecco che l'italiano si imbarca per la Tunisia, la Polonia o la Thailandia e ritorna felice con una nuova e smagliante dentatura di porcellana, un fegato seminuovo o le rughe spianate. E magari trova anche il tempo di scattare due foto dalla finestra della camera d'ospedale.

Certamente, non tutto fila sempre liscio. Chi va a Taiwan per un trapianto di organi è bene che faccia un corso di "full immersion" non di English ma di Chinglish. È anche consigliato discutere approfonditamente con i medici la portata dell'operazione e assicurarsi di avere ben chiarito quale trapianto si desideri.

Meglio portarsi uno di quei giocattoli smontabili che raffigurano un corpo umano e concordare con i sanitari che si desidera il trapianto di A5, valvola cardiaca, e non di P3, testicolo destro, prendendo materialmente fra le dita l'oggetto in plastica a accertandosi che il chirurgo abbia capito.

Anni fa, i pionieri del turismo medico andavano incontro a grossi rischi appunto perché si trattava di una novità e nessuno, né i pazienti né i sanitari, erano molto esperti nel comunicare con gente di cultura diversa.

Oggi è tutto più semplice e sono certo che, come al ristorante cinese, anche negli ospedali che operano nel settore del turismo medico ci siano menu plurilingue che per sicurezza recano un bel numero e una foto a fianco di ogni voce, tanto per essere doppiamente sicuri.

Massima precisione quindi e anche un servizio clienti di prima categoria. Il cliente ha sempre ragione, specialmente quando sborsa decine di migliaia di Euro per qualche pezzo di ricambio (o addirittura parti del corpo che prima non aveva).

Un tizio di mia conoscenza, un tale Marco, dopo anni di sofferenza interiore, ha deciso di seguire le sue pulsioni ed è partito per l'Oriente per cambiare sesso.
È ritornato come Marcella, bionda, curve non indifferenti e (visto che c'era) anche dentatura perfetta.

Dopo qualche mese, l'entusiasmo della novità si è smorzato e (complici anche un paio di storie sfortunate), Marcella ha deciso che essere donna dopotutto non era quello che si aspettava. Ha preso contatto con l'ospedale e richiesto, in base alle condizioni del contratto, di ritornare Marco.

In Italia, tuttavia, è rientrata come Gaetano, visto che i suoi pezzi originali erano stati nel frattempo destinati ad altri.

venerdì 20 agosto 2010

Milwaukee addio

Dopo 107 anni di onorata cittadinanza a Milwaukee, Harley Davidson sta seriamente considerando la possibilità di spostare la produzione altrove. Sono al vaglio diverse possibilità di ricollocarsi in vari stati USA ma c'è anche chi parla di lasciare gli Stati Uniti.

Le ragioni sono le stesse che assillano tutti i fabbricanti di moto e sono legate alla riduzione dei costi.
A detta dei suoi responsabili, l'andamento delle vendite di HD sarebbe fortemente stagionale e la produzione dovrebbe avere la flessibilità di ridurre e aumentare la forza lavoro di conseguenza. I sindacati invece non sembrano disposti a negoziare e la trattativa con le principali sigle presenti in fabbrica va avanti da oltre un mese senza particolari speranze di successo.

I posti di lavoro legati alla produzione sono circa 1.630 e, nel caso di uno spostamento della fabbrica, andrebbero gradualmente ad essere eliminati. A Milwaukee rimarrebbe solo la direzione generale della Harley. In assenza di soluzioni all'italiana (chi può dimenticare i 7 anni di ammortizzatori sociali per i licenziati Alitalia?), il giorno che la produzione chiuderà, gli operai HD e i loro sindacalisti se ne resteranno a casa. Punto.

E' naturale quindi domandarsi quanto sia realistica (e lungimirante) la posizione irremovibile dei sindacati, che sembrano decisi a difendere uno status quo ma incapaci di prevedere per quanto tempo questo possa reggere. Trovare un accordo sulla flessibilità e salvare 1.630 posti di lavoro o tenere duro e perderli tutti fra un anno?
C'è chi considera le voci legate allo spostamento come una pura mossa tattica per sbloccare i negoziati, chi invece ritiene che la sopravvivenza dell'azienda motociclistica sia legata a una maggiore competitività nel medio-lungo termine e quindi la decisione sia pressoché inevitabile.

Alcuni stati USA hanno presentato dei pacchetti di incentivi per portarsi in casa il celebre marchio, ma la soluzione vincente non è un regime fiscale favorevole per 5 o 10 anni o la disponibilità di finanziamenti agevolati. Alla lunga, il vantaggio competitivo è dato dalla flessibilità che solo un accordo con i sindacati (o l'assenza di sindacati dalla nuova fabbrica) può consentire.

Dopo il successo di vendite negli ultimi anni, la generazione che ha rappresentato il maggiore mercato per le Harley Davidson (i "baby boomers" del dopoguerra) sta invecchiando e la propensione all'acquisto di moto è inversamente proporzionale agli acciacchi dell'età. C'è quindi dietro l'angolo un possibile declino della domanda. La decisione di staccare la spina alla Buell, l'azienda del gruppo che produceva moto di ispirazione più sportiva, significa che Harley Davidson dispone ora di una gamma di prodotti destinati a un solo tipo di pubblico. Mossa pericolosa, ma forse necessaria per tagliare velocemente i costi.

Staremo quindi a vedere se HD lascerà veramente la sua patria Milwaukee e quali saranno i successivi sviluppi. Non bisogna dimenticare che la casa americana ha già una significativa presenza in India, uno dei maggiori mercati potenziali al mondo, e già da tempo si parlava di assemblare le Harley nel paese asiatico per evitare i gravosi dazi doganali sull'importazione dei prodotti finiti.

A Milwaukee un pensierino sull'India devono per forza averlo fatto…

venerdì 13 agosto 2010

Questione di prestigio


Ho smesso di leggere le recensioni di qualunque bene o servizio che siano pubblicate in Italia, sia sui giornali che sui siti Web.
Come un filtro anti-spam che riconosce al volo le parole chiave degli odiosi messaggi di posta indesiderati, anch'io ho sviluppato un sesto senso per le marchette della stampa italica, una manica di pennivendoli inverecondi pronti a cantare le lodi di qualunque cosa.
La parola che mi fa accendere la spia rossa dell'allarme-marchetta è prestigio, anche quando compare nella sua forma aggettivale prestigioso.
Quante volte l'avete letto solo oggi in qualche recensione?

Il prestigioso marchio Motom è ritornato a fregiare degli splendidi scooter…

Leggi: il marchio Motom, che risale al 1947 e che è andato prematuramente a estinguersi per mancanza di mercato/soldi/idee è ritornato con una spudorata operazione commerciale che ha messo in circolazione scadenti trabiccoli fatti in Cina abbinandoli a un logo storico ma tanto estinto quanto l'Idrolitina.

Vacanze da sogno nel prestigioso Hotel Caccamo, due stelle, vista tangenziale, tutte camere con bagno, sottopassaggio per accedere al parcheggio. Disponibili camere insonorizzate per un modesto supplemento.

Leggi: locanda malconcia e rumorosa in posizione assolutamente da evitare a meno che non vi si guasti la macchina lì davanti alle due del mattino.

La parola prestigio viene, guarda un po', dal latino e vuol dire originariamente "gioco di destrezza" e, in senso traslato, "illusione". E qui la definizione "marchio prestigioso" abusata dalla stampa calzerebbe a pennello: si tratta di un gioco di prestigio in cui a essere giocato è sempre il consumatore che crede a quello che legge.

Il significato corrente che si attribuisce a "prestigio" (autorità, fascino) si avvicina molto all'utilizzo che la lingua francese ha fatto della parola latina. Fra i vari significati di prestige, oltre a quello di illusione e gioco di mano, ci sono attrazione, capacità di sedurre, di fare impressione. Anche l'inglese, che deve al francese un bel po' dei suoi vocaboli, ha ereditato prestige ma soltanto nelle sue accezioni di reputazione raggiunta tramite il successo oppure capacità di suscitare impressione.

Ecco quindi un'arma letale nelle mani dei marchettari: il cronometro, i mocassini, il marchio storico, il motorino, il pied-à-terre in borgata, sono tutti oggetti prestigiosi i cui lati positivi non vanno nemmeno descritti. Sono misteriosamente contenuti nell'aggettivo e nessuno osa chiedere quali siano per non passare da ignorante.

D: Ma come ti è venuto in mente di comprarti quel catorcio?
R: Ma scherzi? Non lo vedi che  è un marchio prestigioso!

Ovviamente dei lati negativi, trattandosi di recensioni stampa, non si parla affatto.
Va bene informare i consumatori, ma vediamo di non esagerare e finire per raccontargli le cose come stanno...

giovedì 5 agosto 2010

Punti di vista

Improvviso di maltempo sul Nord e Centro Italia e le temperature di questa prima settimana di Agosto scendono in picchiata.
Non erano ancora le 5 di questa mattina che ha iniziato a cadere una pioggia torrenziale accompagnata da raffiche di vento. Cinque ore dopo pioveva ancora e la temperatura non superava i 15°.

Che piacere prepararsi a uscire indossando una camicia più pesante e, pensandoci bene, anche un giacchetto impermeabile, mentre le folate di vento scaraventano secchiate d'acqua sulle finestre.

Cielo nero e nuvole basse che scorrazzano veloci. Che c'è di più bello dopo settimane d'afa?

Questione di punti di vista. Quante volte, proprio in questo momento dell'anno, abbiamo guardato fuori dalla finestra e maledetto il maltempo, quell'aria fredda e quel cielo nero?
Che cosa fai quando a metà di un viaggio, con la moto parcheggiata davanti all'albergo, ti capita una giornata da lupi come questa?

Ti documenti sull'evoluzione meteo, guardi il cielo, studi una strategia di itinerario ma intanto tiri fuori la tuta antipioggia. Si parte lo stesso, ma la bellezza di una giornata passata a pennellare le curve sull'asfalto asciutto è sfumata.

Mi torna alla mente un arrivo in traghetto a Barcellona mentre veniva giù un nubifragio. E noi che sognavamo cieli azzurri e temperature miti. Viene giù tanta acqua che non mi accorgo nemmeno di aver mancato  l'uscita giusta dall'autostrada e aggiungo quasi un'ora al tragitto per l'albergo. Un'ora di rovesci ininterrotti, naturalmente. E io che, ottimista, mi ero rifiutato perfino di indossare l'antipioggia sopra la tuta in pelle.

L'immagine di un viaggio "bagnato" mi fa ricordare un altro risveglio amaro. Andorra, sono le 7 e piove. 

Le nuvole sono così basse che sembra di toccarle. Facciamo colazione sperando in un miglioramento ma non c'è niente da fare: arrivano le 9 e la pioggia non accenna a smettere.

OK, indossiamo l'antipioggia e ci mettiamo in strada. È Ottobre e fa anche freddo. Seguiamo la strada per la frontiera spagnola e La Seu d'Urgell cercando di non scivolare sulle strisce e la segnaletica orizzontale bagnate. Ovviamente alla frontiera il doganiere spagnolo vuole farmi aprire l'unica borsa coperta da telo impermeabile. Quelle che si aprono semplicemente a chiave non gli interessano.

Fuori farà freddo ma nella tuta antipioggia si suda e il casco si appanna.

Ripartiamo. Dopo dieci minuti in terra spagnola, ecco che esce il sole.
Un altro dei grandi piaceri della vita è togliersi la tuta antipioggia...

domenica 1 agosto 2010

La Lola si chiama Gretchen

"È il latte della Lola!" squittiva quel bambino dalla voce odiosa con in mano il suo bicchiere di latte.

Ma quale Lola? Lui poi non ha neanche mai visto una mucca in carne e ossa. Anzi a scuola le disegna colorate di viola perché le uniche mucche che conosce sono quelle della Milka. E quando si scopre che la Lola non esiste, che la fregnaccia autarchica delle 50.000 mucche italiane è assai improbabile (visto che latte e pasta di formaggio arrivano dalla Baviera), la sua carriera da attore è in grande crisi. Difficilmente lo rivedremo in quello spot TV.

In un blog dedicato proprio agli spot televisivi leggo la descrizione di quella pubblicità:
"Lo spot, epico e corale, fatto di natura, di mucche, di passione e di latte, racconta che il latte, e la linea di prodotti Alta Qualità G*** nascono da un incontro straordinario. Quello tra chi il latte lo fa per davvero, e chi lo beve; che mai, come nel caso di G***, sono così vicini."
"Vicini"? Quanto ci mette un'autocisterna a fare 600 km?
"Epico e corale". Vero, peccato che fosse un falso.

In Italia, marketing e marchette sono la stessa cosa. Inoltre, appena mettete qualcosa sul mercato, che sia uno stracchino o una moto, siete subito assaliti da uno stuolo di "giornalisti" pronti a cantarne le lodi per quattro soldi, per una moto in comodato gratuito o per un quintale di stracchino consegnato sotto casa.

Diffidate dalle prove su strada, dai test comparativi, dall'opinione dell'esperto. Tutta gente che ha un mutuo da pagare e scriverebbe di tutto su tutto. E fra questi desperados della pubblica informazione c'è anche chi recensisce le campagne pubblicitarie, prova i biscotti, prende i tempi sul chilometro dello stracchino e certifica la digeribilità delle moto. Tutti pronti ad avallare le palle più colossali per un piatto di minestra.

Rassegnamoci.  Anche La Valle degli Orti non esiste. Sono verdure raccolte e surgelate "prevalentemente" in Italia, trasportate in container refrigerati e confezionate dalla Nestlé. La Valle nacque nel 1984 e c'è sicuramente in Italia chi è convinto che esista sul serio e ci lavorino tanti vecchietti sorridenti, con una gran chioma di capelli bianchi e che annaffiano con amore pisellini e carotine.

Dieci anni prima (1974) nasceva il Mulino Bianco, la linea di prodotti da forno della Barilla, realizzata in gran segreto da un maestro pasticcere inglese. Un'icona sdolcinata e rassicurante perpetuata da ormai 36 anni di pubblicità fin troppo stucchevole. Anche il Mulino, naturalmente, non esiste.

Nel mulino che vorrei…

Non so voi, ma io non vorrei un mulino. Io vorrei solo mangiare della roba decente e che la smettessero di raccontarmi stronzate.