giovedì 23 settembre 2010

La vecia


C'è una vecchia che gira spesso sulla Tangenziale Ovest di Milano che dovrebbe dipingere sullo sportello di guida le sagome di tutte le auto, moto e camion che ha fatto fuori.

La sua macchina è una di quelle carrette asiatiche corte, strette e alte che sembrano uscite dalla giostra di un Luna Park.

Lei guida con sedile tutto avanti, occhi semichiusi, mascella pendula e braccia aggrappate al volante.
Ricordate la posizione delle mani consigliata (come le lancette sulle 10:10) che assicura il migliore controllo del mezzo in ogni situazione?
Proseguendo nella metafora dell'orologio, la vecchia stringe il volante con ambo le mani in posizione ore 12:00 e lo muove freneticamente di qua e di là anche in rettilineo. 

La sua minimacchina dalle ruote baby si sposta da un lato all'altro della corsia (quella centrale, che ve lo dico a fare?) e ogni tanto straborda a destra o a sinistra in quelle confinanti, il tutto alla pazzesca velocità di 80.

Un TIR slovacco in corsia di destra se la vede sbandare davanti e si attacca alle trombe. Braaaaaam.

Ma la vecchia non lo sente e rimbalza a sinistra come proiettata da una rete di ping-pong invisibile. Probabilmente lo spostamento d'aria dell'autoarticolato Scania l'ha riportata in corsia, o forse è stata un'altra delle continue strappate che lei dà al volante.

Arriva in corsia di sorpasso una coppia di motociclisti su BMW 1200 GS, luci accese, tute sgargianti dal catalogo Motorrad e valigie in alluminio che lampeggiano al sole. La vecchia non li vede; forse li vedrebbe se il retrovisore esterno sinistro della carretta coreana fosse aperto, ma invece è piegato contro la fiancata della macchina.

In quel preciso istante, la vecchia scarroccia nella corsia di sorpasso e manca per un pelo la valigia destra della moto. Il pilota capisce che frenare non ha senso, si butta a sinistra e spalanca il gas mentre schiaccia il pulsante del clacson.

La passeggera si gira verso la vecchia e le mostra il dito medio guantato, ma tanto la vecchia non la vede.

Fra trecento metri la Tangenziale descrive un'ampia curva a sinistra e l'ottuagenaria minaccia su ruote sta impostando la sua traiettoria ideale. La microauto si sposta a destra e il motore fa una fumata blu mentre la guidatrice scala assurdamente una marcia, poi in prossimità della curva si butta tutta a sinistra rasentando il guardrail esterno.

Dietro di lei è il panico. In corsia di sorpasso si innesca un tamponamento a catena che chiuderà la Tangenziale per due ore. Al centro si evita per miracolo una catastrofe, mentre nella corsia di destra uno scooterista in calzoncini sceglie di piantarsi di fianco nel guardrail piuttosto che tamponare il pullman che ha inchiodato i freni davanti a lui.

Intanto la vecchia, ignara della catastrofe che ha provocato, prosegue su una rotta a "S" in mezzo alla Tangenziale deserta. 

È assicurata in Classe 1 da venti anni perché non fa incidenti. Secondo le statistiche è una guidatrice sicura, anzi "Sapiens".

giovedì 16 settembre 2010

Il fascino dell'uniforme


Storia vera di questa mattina.

Sto portando a spasso i cani in un prato che costeggia una bretella di collegamento rapido con la Tangenziale Ovest di Milano. Al di là del guardrail vedo una scena strana: una custom Yamaha ferma sul cavalletto laterale ma senza il pilota. Guardo avanti, verso il semaforo cittadino dal quale parte questa bretella e vedo sul lato della strada un'ambulanza e un'auto della Stradale ferme con i lampeggiatori in funzione.

Sul bordo della strada c'è anche una Triumph Bonneville, anch'essa sul cavalletto e con un casco agganciato al manubrio. Penso a un malore di uno dei due piloti; da quanto vedo mi sembra di poter escludere un incidente.

Mi avvicino con i cani al guinzaglio seguendo un sentierino nell'erba a fianco della strada. Ora vedo anche un motorino con il parabrezza rotto e delle plastiche in terra. Comincio a immaginarmi una scena in cui il motorino passa col rosso, la seconda moto lo urta mentre la prima prosegue per ancora cento metri prima di accorgersi del fatto.

C'è una volontaria dell'ambulanza in tuta arancio che fuma una sigaretta al riparo del mezzo. Le chiedo se c'è stato un incidente di moto. Mi risponde con aria importante: "Non posso dirglielo".
Segreto di stato? Di sicuro non è deragliato un treno e la scena quasi si racconta da sé, ma il non posso dirglielo è un piccolo e prezioso momento di autorità da gustare tutto, un piccolo segnale che noi e voi non siamo la stessa cosa.

Mi sposto avanti di ancora due passi e nell'ambulanza vedo due persone, un uomo e una donna. Sembrano incolumi o quasi e stanno parlando tra loro in maniera rilassata. Lei indossa un collarino e forse si è fatta male a un piede.
Ho deciso di chiedere loro se gli serve una mano per mettere al sicuro le moto mentre vengono portati in ospedale. 

Si avvicina però il poliziotto, uno sulla trentina con la faccia da saccente e gli occhiali firmati (la nuova Polizia Stradale) e mi chiede: "E lei chi è? Qui non può venire", indicando perentoriamente il "suo" lato del guardrail.

Chi potrò mai essere? Ho i pantaloni corti, T-Shirt, berrettino della Yamaha e due cani al guinzaglio. Sarò un investigatore privato? Un broker assicurativo? Un paparazzo? Le Nuove Brigate Rosse?

Rispondo che sono un passante e non ho la minima intenzione di scavalcare il guardrail.

In quell'istante arriva un carro attrezzi per caricare le moto. La mia idea di aiutare i motociclisti si rivela superata in quel preciso momento.

Inverto la marcia e me ne ritorno nel prato a giocare con i cani.

Ho incontrato l'Italia in uniforme. L'ignoranza ridipinta nei colori ufficiali, la rivalsa sociale dei cafoni.

lunedì 13 settembre 2010

Schadenfreude

No, non è una variante del dolce della Foresta Nera e nemmeno un sinonimo della torta Sacher in qualche vallata austriaca. È una sintetica espressione tedesca che vuol dire "rallegrarsi per le sciagure altrui".
Tutti noi, prima o poi, ci siamo fatti sedurre dalla sua attrazione fatale e non dite che a voi non è mai successo.
Ci sono dei casi in cui farsi due grasse risate per il guaio in cui si è cacciato qualcun altro è cosa buona e giusta. Leggete questi esempi e concorderete che a volte la Schadenfreude ci sta, e come ci sta!

Camilla V. inerpicata lassù nel sedile del guidatore della sua BMW X5 sta facendo multitasking al volante come solo una donna sa fare. È uscita dalla palestra, dove il personal trainer l'ha sottoposta a una gagliarda seduta tonificante per glutei e addominali, ed ha un appuntamento dalla parrucchiera tra poco più di un'ora. Visto che ha tempo, ha deciso di fare una puntatina al centro commerciale per vedere due vetrine.

Mentre si toglie dalla fronte i capelli ancora bagnati della recente doccia, si attacca al cellulare per accertarsi che, tra le mura domestiche, la ragazza alla pari abbia la situazione sotto controllo. 

Ecco che, in fondo al rettilineo, si vede già la grande "P" del parcheggio sotterraneo dell'Iper. Camilla richiude il Motorola e lo lascia cadere in un vano nella console dell'auto mentre pesta sul gas per bruciare gli ultimi duecento metri.

Il grosso SUV tira su il muso mentre il cambio automatico scala una marcia e manda il contagiri in zona rossa. Camilla svolta a destra e imbocca la rampa del garage sotterraneo con uno stridio di gomme che fa girare i passanti. La BMW X5 si lancia in discesa come un grosso squalo metallico e la "baretta" portabagagli che Camilla ha dimenticato di avere ancora sul tetto si frantuma esplodendo al contatto con la prima trave in cemento del soffitto. Con lei, anche le barre satinate del tetto vengono estirpate in un millisecondo e l'intera parte superiore dell'auto si accartoccia.

Diecimila Euro spesi senza aver nemmeno varcato la porta di una boutique.

Eros C. e quattro amici escono traballanti dalla discoteca Mando-Vai nel cuore pulsante della Riviera dopo una serata deludente dal punto di vista delle conquiste femminili. In compenso, il conto finale delle consumazioni è da impallidire. Eros vorrebbe piantare una grana ma il buttafuori scuote lentamente la testa e i cinque escono con la coda fra le gambe. Nel parcheggio, in una nuvola di falene e zanzare,  li attende la Seat Leon taroccata di Eros.
I cinque prendono posto e il guidatore accende il megastereo mettendo a manetta il celebre brano Apoka-Lips dei Patetika, che si può dire è l'inno del gruppetto. Con i finestrini che vibrano per i bassi e il motore che urla in fuori giri, la Seat si lancia lungo i viali della periferia per raggiungere il mare, dove Eros conta di farsi l'ultima Ceres della nottata.

Ed è proprio mentre la Seat tocca i 130 kmh che Eros non vede la gobba rallentatrice in mezzo alla strada e ci pianta dentro la Leon ribassata come un kamikaze nella portaerei Yorktown. Il motore si spacca come una noce e salta fuori dai supporti, rovesciando olio in strada e storcendo la scocca dell'auto. Sul tetto, tre bitorzoli affiancati testimoniano le tre capocciate date all'unisono dagli occupanti del sedile posteriore.

La Seat termina la sua corsa duecento metri più avanti in una nuvola di fumo. I cinque occupanti si guardano negli occhi e non hanno ancora capito che cosa sia successo.

Il noto architetto italo austriaco E. Moccia-Rotterkatz di anni 68 sta visitando gli Appennini in cerca di ispirazione. Al volante della sua Mercedes Classe S  V12 si sta inerpicando sui tornanti verso il paesino medievale di Nerchiate sul Groppone. Dietro l'ultima curva gli appare la porta monumentale del paese costruita nel XIV secolo e deturpata da un cartello che indica di dare la precedenza al traffico che viene in direzione contraria.

L'architetto intravede la sagoma blu della corriera che arriva ma decide di forzare la mano. L'auto balza in avanti e si lancia attraverso la massiccia porta in pietra. Anche la corriera ha puntato verso la porta del paese e, per evitare la Mercedes, struscia l'intero lato destro contro il muraglione secolare.
A sua volta, E. Moccia-Rotterkatz si incastra tra la corriera e l'altro lato della porta del paese.

È un disastro. Auto e corriera sono immobilizzate nella porta come un tappo di sughero nel collo di una bottiglia di vino. Solo gli occupanti della corriera, fortunatamente incolumi, riescono a uscire dalla porta posteriore.

Ai pompieri serviranno cinque ore e una motosega a ferro per fare a pezzi l'auto e liberare il passeggero. L'architetto, che soffre di incontinenza, non trova altra soluzione e dopo tre ore si vede costretto a fare i suoi bisogni all'interno dell'auto.

E adesso non dite che non avete riso anche voi...

venerdì 10 settembre 2010

Ognuno ha la stampa che merita

Corso di Motogiornalismo Web

con la partecipazione straordinaria dello staff di Motoblog.it


Questo corso gratuito di Motogiornalismo Web ha l'obiettivo di formare le nuove leve di redattori in un settore trainante come quello delle due ruote. Il corso si terrà in una sola lezione. Questa.

Ecco come si scrive un  articolo tipo. Ne basta uno per tutta la vostra carriera.
Inserite i dati a seconda dell'argomento/sponsor/benefattore di turno ricordandovi di cambiarli ogni tanto.

TITOLO: il titolo dovrà essere iperspiritoso, iperpositivo e contenere il nome dell'argomento/sponsor/benefattore di turno e almeno un luogo comune.

Esempio:  Eccezionali e prestigiose novità 2011 nel cassetto di Yamazuki.

SOTTOTITOLO: il sottotitolo dovrà spiegare in una riga o due la marchetta che avete già fatto con il titolo.

Esempio: La prestigiosa casa giapponese ha presentato la sua innovativa gamma di modelli per il prossimo anno certa di soddisfare le aspettative di milioni di appassionati.

TESTO: Il testo non conta. Dopo le prime quattro righe si sarà già capito che ve lo hanno passato da qualche ufficio stampa  e lo avete pubblicato tale e quale utilizzando l'antica arte  del giornalista, che un tempo si chiamava "forbici e colla" e oggi, nel Terzo Millennio, si chiama Ctrl+C, Ctrl+V.
Se invece il testo contiene grossolane imprecisioni e errori di ortografia è farina del vostro sacco perché siete un professionista serio che i testi se li scrive da sé. Anche i professionisti seri, però, devono campare e quindi la componente testo deve rispondere ad alcune regole.

Contenuti obbligatori del testo sono delle frasi precotte che i lettori (ma sopratutto lo sponsor pagante) si aspettano da voi. Dovete inserire almeno la metà  delle espressioni seguenti:
Mitico, fiore all'occhiello, prestigioso, Made in Italy, firmato dalla penna di, serie limitata, accattivante, prezzo interessante, linee filanti, ciclistica d'eccezione, motore generoso, componentistica di qualità, design di eccellenza, che il mondo ci invidia, esuberante, grintoso, entusiasmante, giusto compromesso, accoppiata vincente, gioco di prestigio, ha tirato fuori dal cilindro, oggetto di culto, ha superato sé stessa, conferenza stampa blindata, ghiotte anticipazioni, esclusivo sistema di frenata, sbaragliata la concorrenza, guidabilissima, potenza mostruosa ma docile da gestire, comoda come una poltrona, 275 kmh sulle autostrade tedesche, 190 CV di pura libidine, domani ho la rata del mutuo.
Il vero giornalista riuscirà a inserire più della metà di questi termini ed espressioni in un solo articolo.
Volete far carriera subito? Metteteceli tutti in blocco senza toccare niente! Nessuno se ne accorgerà.

PS:Fate attenzione che ci sia la giusta punteggiatura sennò i periodi diventano illeggibili.

mercoledì 1 settembre 2010

Fenomeni d'estate


Ho passato il mese di Agosto a lavorare. C'è in giro una crisi tremenda (c'è bisogno che ve lo dica?) e quindi bisogna prendere al volo tutto il lavoro che capita.

Ogni tanto però mi sono concesso un'uscitina con la moto, purtroppo limitata a percorsi autostradali o simili.

E così ho rinfrescato la mia conoscenza di due fenomeni ben distinti e parecchio frequenti.

Fenomeno N. 1

L'imbecille che viaggia a 90 nella corsia di mezzo. Spesso è una Yaris o Matiz guidata dal poggiatesta (il guidatore neanche si vede e comunque il poggiatesta è più competente), oppure è una familiare con tanto di "baretta" sul tetto, carica fino a scoppiare e piena di bambini abbrutiti che sbavano sui vetri, una specie di acquario di mostruosi pesci abissali.

C'è poi anche la variante camper. In cabina lei e lui, tre infarti e due bypass complessivi, che sfumazzano in mezzo alla strada senza nemmeno riuscire a tenere la catapecchia di plastica in una sola corsia. Mentre li supero scorgo le espressioni allucinate di una coppia che è distante solo 40 km da Milano e già non si parla più (magari però sono partiti da Roma e hanno cominciato a litigare a Firenze).

Lui è aggrappato al volante in canotta e berrettino da ciclista, mi vede sfilare via sulla corsia di destra e non fa in tempo a sbandare verso di me e a tagliarmi la strada "per caso". Lei gli dice qualcosa, forse: "Guarda dove vai, stronzo". 
Mi sembra di averli già visti. Poi mi rendo conto che in giro ce ne sono migliaia tutti uguali.

Fenomeno N. 2

Autostrada a 2 corsie, arrivo in sorpasso allegrotto (130 km/h esatti) in coda a uno stordito che ha da poco superato un'auto ma è rimasto nella corsia di sinistra. La prossima auto è distante 400 metri e lui viaggia a 110. Mi vede arrivare nello specchietto (che belle le luci allo xeno!) e con fare stitico si sposta di 150 cm a destra, lasciando libera metà della corsia di sorpasso. Evidentemente per un'Audi A3 rientrare completamente nella corsia di marcia normale è una manovra difficile.

O forse non vuole perdere la sua "priorità di sorpasso" immaginaria. Ma quale priorità? Dietro di me non arriva nessuno.

Forse il problema sta nel lasciar passare qualcuno. A una moto, mezza corsia si può anche concedere, tanto la moto non è nella stessa categoria e spostarsi non conta come un gesto civile.

Secondo Sigmund Freud, che oltre a essere un celebre psicoanalista era anche un appassionato motociclista, qui si tratta di una sindrome che risale addirittura all'attimo del concepimento di quel particolare individuo.

Nel corso del fatidico amplesso, sua madre non si è nemmeno sfilata le mutande, le ha solo scansate. È una situazione chiamata "coitus distraforus" e ha, evidentemente, pesanti ripercussioni sulla psiche.

Questo grave trauma ha seguito il bambino a livello latente per tutta l'infanzia e la fanciullezza e ora, in età adulta, si manifesta con un comportamento analogo mentre lui è al volante.

E pensare che se la madre quelle sante mutande le avesse lasciate al loro posto, avremmo un coglione in meno sulla strada.