sabato 30 aprile 2011

A che servono i re?


Dopo i funerali, i matrimoni sono la cosa che evito più accuratamente. Avrei perfino provato a evitare i miei, ma le polemiche sarebbero state molto antipatiche e quindi ho accettato di fare una breve apparizione.

Immaginate la mia sorpresa nel vedere l’importanza che la stampa italiana ha dato al matrimonio reale di ieri a Londra. Conoscete qualcuno che si è sparato tutta la telecronaca diretta delle nozze reali? Se sì, chiedetegli perché.

Che senso ha assistere al matrimonio di qualcuno che non conosci, in un Paese che non è il tuo e con in testa una corona che non ti riguarda?

Ah, ma forse la chiave è proprio quella. La corona. Il matrimonio dei due pupazzi britannici è reale!

Se si fossero sposati Bill e Kat di Hounslow (un anonimo quartiere londinese a venti chilometri da Buckingham Palace) non ci sarebbe stata la televisione, né probabilmente gli sposi l’avrebbero desiderata. Sarebbe stato sufficiente un video saltellante girato con il telefonino e poi tutti al pub a celebrare.

La storia stucchevole e fittizia dell’erede al trono che sposa la cenerentola è stata chiamata (sorpresa, sorpresa!) una “favola moderna”. Non mi metterò a discutere del motivo per cui la gente debba andare a cercare le favole moderne, quando quelle antiche erano di gran lunga migliori e più ricche di significati.

La mia perplessità nasce dal fatto che la gente sia evidentemente ancora affascinata dai “reali”, compresi quegli squallidi personaggi di casa Savoia, una banda di accattoni che sono motivo di vergogna (un altro) per l’Italia.

A che servono i re nel terzo millennio? Se i confini nazionali non contano più, se le monete si unificano e le leggi diventano comunitarie che motivo ha una nazione di mantenere un re e una famiglia reale?

“Tradizione” è la risposta standard.

Eppure quante istituzioni tradizionali e aziende iconiche sono sparite, si sono trasformate o sono passate di mano in Italia e nel mondo? Il sole ha continuato a sorgere.

Se il “royal tourism” riempie ancora gli alberghi, continuerà a farlo anche dopo aver liquidato la casa reale (7 anni di preavviso, Alitalia insegna) e aperto le stanze segrete alla curiosità della folla al prezzo di 20 sterline a testa.

Se uno è tanto stupido da agitare la bandierina inglese al passaggio della “royal couple”, investirà di sicuro l’equivalente di 22,50 euro per vedere la camera da letto di Carlo o il gabinetto della regina Elisabetta.

venerdì 1 aprile 2011

Ciao Italia


L’Italia se n’è andata.
Ne danno il triste annuncio i figli e gli amici più stretti.
Dopo lunga malattia, l’Italia non ha più retto e si è spenta.

Aveva appena compiuto 150 anni e, nella squallida forzatura della sua festa di compleanno, si era già capito che era allo stremo delle forze. I pupazzi blateravano, la gente sventolava le bandiere ma lei aveva ormai lo sguardo vitreo e assente.

A poco sono serviti preti, dottori, avvocati, professori e cavalieri che per decenni, al suo capezzale, volevano far credere di poter curare il suo male. Con la loro inettitudine e disonestà sono solo riusciti ad aggravarlo.

La povera Italia, ancora mezza contadina, si è lasciata truffare da una massa di ciarlatani che negli anni l’hanno portata alla rovina.

L’Italia era ancora giovane, se la paragoniamo alle sue compagne, ma era nata gracilina.
Le cattive amicizie e due guerre mondiali ne avevano rallentato la crescita, poi sembrava che la povera Italia si fosse ripresa e per qualche anno ha perfino goduto di buona salute. Spendeva e spandeva: autostrade di qua, cattedrali nel deserto di là.

Ma il male interno la stava già consumando e, alla fine, non c’è stato più niente da fare.
Quando ancora era nel pieno delle sue forze, da povera ignorante che era si era fatta fregare da una manica di truffatori titolati che le spillavano i sudati risparmi per investirli in fabbriche. Poi zitti zitti le rivendevano o le spostavano all’estero e, con i soldi dell’Italia in tasca, facevano la vita dissoluta dei mantenuti, loro insieme a una banda di figli e nipoti debosciati.

L’Italia era una sempliciotta. Le rubavano i soldi da sotto il materasso e lei si distraeva a guardare le partite o Canzonissima in televisione. Pensate, pagava pure il canone nonostante tutte le fregnacce e banalità che ne riceveva in cambio.

Poverina, l’Italia era ancora un po’ cafona. Gli accostamenti di colori non le erano mai riusciti bene.
Aveva cominciato con le camicie rosse firmate Garibaldi, poi si era fatta convincere a passare a quelle nere ma le stavano decisamente male. E poi sono arrivate le bandiere rosse, quelle verdi e quelle arcobaleno. Per non parlare del Blu dipinto di blu, delle Mille bolle blu, delle seicentomila auto blu e, in tempi più recenti, perfino delle mozzarelle blu.
E per tutto questo tempo l’Italia conservava di nascosto la papalina bianca sperando che le servisse a qualcosa. E invece anche i preti volevano solo attaccarsi alla tetta e succhiare.

L’Italia è morta povera. Si è fatta portare via tutto.
L’hanno seppellita con le poche misere cose che le erano rimaste: una damigiana di olio d’oliva, una ruota di parmigiano e una copia della Costituzione su carta crespata mille strappi.

Le esequie si terranno alle ore 17:00 in considerazione del fatto che alle 19:00 c’è la telecronaca della partita.