lunedì 6 agosto 2012

Quattro anni


Sono già passati più di quattro anni dal Maggio 2008, quando organizzammo un Tour dei Pirenei di calibro internazionale. Insieme a tre di noi, motocislisti italiani, presero parte all’avventura tre americani (Bob, Don e Eric) e un inglese (Dave). Eravamo i Magnifici Sette e, nonostante alcune avversità meteo, facemmo un tour spettacolare coronato ogni sera da bevute di birra altrettanto magnifiche.

Scopro in questi giorni che due degli americani e il britannico Dave faranno un tour delle Alpi passando tre notti in Italia.

Un rapido consulto e il trio di italiani si è ricostituito (c’è da dire che in questi anni ci siamo già visti tra noi una quantità di volte, in moto e non).
Ecco quindi che ci incontreremo con gli amici e alzeremo i bicchieri ancora una volta. Don amava chiamare il nostro gruppo “Hermanos de moto” e non c’è dubbio che lo farà ancora. Nei nostri scambi di mail dal 2008 ad oggi, non manca mai di mandare i suoi saluti agli altri due amici, Hook e Mek (ovviamente dei soprannomi).

Ma in quattro anni ne sono successe di cose.

Hook e Mek hanno cambiato moto, io ho perso il lavoro pochi giorni dopo il rientro dalla Spagna. Chissà i racconti degli altri amici e le cose che sono nel frattempo capitate loro.
Ma saremo proprio lì a colmare questo vuoto raccontandoci le nostre storie.

Per me la perdita del lavoro ha comportato un cambio di stile di vita e una revisione delle mie priorità. Le cose tuttavia sono nel frattempo migliorate da quando mi sono ricostruito un’attività e ho ripreso a lavorare come libero professionista.

Tutto quello che è successo mi fa spesso ripensare alla settimana sui Pirenei come un bel vecchio film, nonostante si tratti solo di quattro anni fa.

Ho ripescato il video di allora e ve le propongo volentieri.

giovedì 19 luglio 2012

Cosimo


Luglio, caldo. Pomeriggio inoltrato ai margini nord-occidentali di Milano.

Sto rientrando a casa in moto dopo un appuntamento di lavoro e sono diretto fuori città. La strada ha due carreggiate per senso di marcia ma è molto trafficata. L’ora è quella in cui tutti cercano di uscire da Milano.

C’è un semaforo critico che rallenta il traffico di tutta la strada. Qui c’è la possibilità di svoltare a sinistra o quella di restare nella corsia di destra e tirare dritto.

Ovviamente l’italico medio è scaltro. Si butta nella corsia di svolta a sinistra e poi, arrivato a tutta manetta in fondo, cerca di rientrare nella sua corsia diretta fuori città a scapito di chi è rimasto in fila.
L’effetto è quello di rallentare il traffico di tutti gli altri per soddisfare il proprio bisogno di essere più furbo.

Ma che ve lo dico a fare? Lo vedete tutti i giorni e magari lo fate anche voi, pronti a negarlo ovviamente.

Il traffico è serrato e la mia moto, una custom Kawasaki VN900, ha il manubrio largo che spesso non mi permette di passare tra le file di auto. Sono in fila nella corsia di destra con altre cento auto e alla mia sinistra sfreccia una Panda con un giovane obeso al volante.

Avrà appena trent’anni ma è un barile. Lo vedo accelerare verso il fondo della corsia di svolta a sinistra e scommetto con me stesso che cercherà di rientrare.
Duecento metri più avanti eccolo che prova a tagliarmi la strada, ma senza speranza. Gli sfilo lentamente davanti e la manovra non gli riesce. La macchina dietro di me lo ostacola e lo vedo nello specchietto che si agita.

Dopo cento metri me lo ritrovo a fianco, la Panda su di giri e lui che urla: haaa, allora facciamo i giochetti!
L’accento è siculo autentico e quindi si tratta di un nuovo arrivo nella metropoli tentacolare o di uno che non si omologa facilmente. Lo ribattezzo subito Cosimo.

Cosimo ed io procediamo affiancati con lui che sbraita come un ossesso e io che lo fisso dietro una visiera a specchio e non dico niente mentre lui prova a tagliarmi la strada.
Ora siamo all’ultimo semaforo di Milano prima di imboccare una strada a scorrimento rapido. Io sono in pole position, lui è rimasto alla fila dietro.

Fa verde. Io parto e mi porto in corsia di sorpasso, lui è subito dietro che suona per passare ma non ce la fa a tenere l’accelerazione di una moto. Rallento un po’ e gli resto davanti. Cosimo suona, suona e urla come un pazzo. Temo addirittura un infarto. La panza, il caldo e l'incazzatura non perdonano.

Siamo arrivati a pochi metri dalla mia rampa di uscita. Dalla corsia di sorpasso scivolo verso destra, mentre lui si lancia in avanti. Il mio braccio sinistro si solleva con il dito medio teso mentre Cosimo mi sfila a fianco incredulo e io gli rido in faccia.

Lo vedo che è restato a bocca aperta, con la strada vuota davanti a lui e nessuno con cui poter sfogare la sua condizione di sfigato.

Ciao Cosimo. Fottiti tu e tutti quelli come te.

sabato 31 marzo 2012

Cialtroneria nazionale

L’Italia cialtrona e approssimativa è sempre in agguato.
Con un amico abbiamo deciso di fare un breve giro in moto partendo da Milano e diretti a sud sulla SP412 della Val Tidone. L’idea era quella di proseguire lungo questa strada fino in fondo, cioè dove la 412 si immette nella provinciale 461 del Passo del Penice, pochi minuti a valle del passo stesso.

Una volta lasciata la 412, avremmo seguito la 461 verso valle, raggiunto il paese di Bobbio e preso la SS45 della Val Trebbia verso Piacenza, per poi decidere lì per lì come rientrare su Milano.

Giornata assolata e dalla temperatura fin troppo mite. Traffico non particolarmente intenso e praticamente inesistente una volta usciti da Pianello Val Tidone.

Incontriamo solo tre moto che fanno la nostra strada, sono un paio di naked e un’endurona. Non vanno molto forte e a Castelnuovo le superiamo. Pochi secondi dopo, ci fermiamo però a fare spese di insaccati e i tre proseguono verso sud ovest sulla 412.

Rimontati in sella cominciamo a salire, con la Diga Molato a sinistra e la strada che si snoda davanti a noi con una serie di belle curve. Il fondo è buono e si viaggia allegri.

Attraversiamo Casa Marchese, Panigà e da qui la strada diventa insidiosa. A parte le crepe e gli smottamenti, c’è una quantità di brecciolino che rende pericolose le pieghe e l’ombra della vegetazione impedisce di vedere dove metti le ruote. Decidiamo di prendercela comoda e percorriamo con molta prudenza gli ultimi tornanti prima della fine della 412 e l’innesto nella strada del Penice.

Qui riprendiamo il trio di motociclisti che erano passati in testa mezz’ora fa e subito dopo ci rendiamo conto che l’innesto della 412 nella 461 è chiuso. Una striscia di nastro bianco e rosso impedisce l’accesso all’altra strada e un cartello volante appeso al nastro dice che la 461 è chiusa per tutto il giorno per una manifestazione automobilistica, e “ci scusiamo con i residenti per il disagio”.

Questa è l’Italia cialtrona di cui parlavo, l’Italia che non pensa a mettere un cartello 20 km più a valle per segnalare la chiusura della strada, l’Italia che si scusa con i residenti mentre in pratica dice ai turisti “e voi fottetevi”.

Siamo tutti abituati alla cancellazione unilaterale dei diritti della maggioranza a favore di una minoranza (strade chiuse per gare ciclistiche, maratone cc.), ma almeno un segnale di avvertimento è buona norma (e forse anche requisito di legge) metterlo.

Ma gli organizzatori della corsa e il comune (Bobbio?) hanno altre preoccupazioni. C’è da organizzare la visita dell’assessore regionale, gli inviti alla stampa e gli striscioni e poi non dimentichiamo la cerimonia di premiazione. I contribuenti che ignari arrivano fino in fondo alla 421 se la vadano a prendere in quel posto. Ubi maior.

Questo è il Paese talebano in cui viviamo.

sabato 17 marzo 2012

Un amico inglese ha programmato una vacanza-lampo in Sicilia. Arriverà a Palermo e ne ripartirà in traghetto. Ha solo 4 giorni per girare l'isola a Maggio e mi chiede qualche consiglio. Da parte sua, lui ha solo un obiettivo fisso: vorrebbe ripercorrere il tracciato della Targa Florio (il circuito delle Madonie), che parte e si conclude a Campofelice di Roccella, presso Termini Imerese.  

Gli ho raccomandato quindi di partire da Palermo verso Est sulla SS113 Settentrionale Sicula (o in autostrada se va di fretta) e di farsi il suo bel giro sulle Madonie. Poi gli ho consigliato di andare lungo la costa fino a Capo d'Orlando, prendere all'interno per la SS116 fino a Randazzo (proprio sotto l'Etna) e da Linguaglossa godersi la SP Mareneve fino in fondo. Una strada così è un gioiello da non mancare: tra la qualità della strada e la bellezza del panorama si tratta di una delle più spettacolari strade in tutta l'isola. Da lì potrà salire fino al Rifugio Sapienza, se vuole, o scendere verso Catania.

Essendo uno straniero, l'ho fortemente sconsigliato di entrare in Catania (se non vuole che gli freghino la moto da sotto al sedere), e l'ho invece invitato di andare a Siracusa, visitare l'Ortigia, e poi riprendere la strada fino a Capo Passero.


Da lì potrà risalire per Ragusa e regalarsi una passeggiata a piedi a Ibla, uno dei miei ricordi più belli di tutta la Sicilia. Il vecchio borgo inerpicato sulla collina, con le luci che si accendono mentre tramonta il sole è uno spettacolo che (anche per un britannico) si rivelerà indimenticabile, considerati la profonda monotonia e il grigio anonimato delle città inglesi.

Poi da Ragusa gli ho raccomandato una puntata ad Agrigento, il proseguimento verso Trapani e un'arrampicata su Erice. Da Erice, potrà scendere sulla SS187 fino a Baglio Messina, poi andarsene su verso San Vito lo Capo. Una notte in riva al mare di San Vito è d'obbligo e il giorno dopo l'amico sarà di nuovo a Palermo, pronto a risalire sul traghetto con la morte nel cuore, proprio come capita a me ogni volta che mi lascio la Sicilia alle spalle.

Confesso che il pensiero di fare il giro insieme a lui mi sta passando per la testa da diversi giorni. Chissà, magari gli faccio strada.

Per un amico, si fa questo ed altro...

domenica 26 febbraio 2012

Si riparte

Dopo una decina di giorni in cui le temperature non superavano lo zero, arriva all’improvviso una manciata di giornate primaverili con 10-15 gradi e un sole tiepido.

Un rapido check alla moto: batteria, pneumatici, avviamento sono OK. Sabato mattina alle 10:00 si parte. L’ultima volta che la FJR1300 è uscita in strada la benzina costava 30 centesimi di meno al litro, ma la soluzione si chiama Svizzera.

Con poco più dei vapori di super rimasti nel serbatoio, arriviamo in terra elvetica a fare il pieno. Le moto sono due, una FJR1300 e una FZ8, e i proprietari ben affiatati e veterani di numerose uscite insieme.

Da Maslianico ci arrampichiamo per qualche colle ticinese, scendiamo a Mendrisio e rientriamo in terra italica a Gaggiolo. Da qui scendiamo su Varese e risaliamo per Valganna. Bella strada ma un po’ stretta. Su molti prati c’è ancora la neve e il contrasto di temperatura tra i tratti assolati e le curve in ombra si sente subito.
L’occhio non molla mai la strada, in alcuni punti infatti l’asfalto è scivoloso anche se asciutto e nessuno ha voglia di cominciare male la stagione andandosi a sdraiare per una distrazione.

Scendiamo su Luino in pieno sole e ci prendiamo un caffè al molo dei traghetti. Poi di nuovo in sella diretti in Svizzera lungo la sponda est del Lago Maggiore. Per qualche chilometro si riesce a spalancare il gas e a infilare un paio di belle pieghe.

A pochi metri dal confine svizzero, a Zanna, c’è un baretto dall’aria dimessa con tre tavolini al sole. Il gestore è cordiale e ci propone risotto con luganiga. Rilanciamo con la richiesta di due bicchieri di Bonarda. La combinazione risotto e vino rosso è perfetta e richiede solo un caffè per chiudere.

A Gambarogno e Magadino le strade sono bagnate e c’è ancora parecchia neve in giro. Un rapido passaggio di nuvole oscura il sole, ma intanto siamo scesi in galleria lungo la superstrada che passa sotto a Locarno e Ascona. Rivediamo la luce a pochi chilometri da Brissago e dal confine italiano. Di nuovo pieno di benzina e immancabile acquisto di cioccolata prima del rientro.

La strada sulla sponda occidentale del lago da Cannobio a Verbania è bella e tentatrice, ma il limite è 60 e quindi occorre regolarsi. A Verbania c’è un traghetto pronto a partire per Laveno. Facciamo i biglietti al volo e saliamo a bordo.

A Laveno, come era già avvenuto a Brissago e Cannobio, impazza il Carnevale e la gente cammina in strada. Ci togliamo velocemente dai piedi e apriamo un po’ il gas sulla SS629 diretti a Vergiate fin quando non compaiono i primi insidiosi velox.  Poi entriamo in autostrada e in breve siamo di nuovo alla base, sono le 16:00.

Dopo la sosta invernale, in cui ho fatto solo pochi chilometri con "l'altra", la biciclettosa custom VN900, la FJR1300 lascia riscoprire le sue doti di macchina da guerra rabbiosa e chirurgica, mentre le gomme Pilot Power 2CT, sempre generose e incollate in terra, danno una grande sicurezza. 

Si riparte con la stagione 2012. Era ora.

lunedì 20 febbraio 2012

Facce di bronzo

Tempo di merda, niente moto.
Di che cosa parliamo? Parliamo d'altro.


Mentre alle aziende italiane e alle partite IVA viene chiesto di pagare il canone RAI (perché senza dubbio posseggono un PC in grado di ricevere programmi televisivi), la stessa RAI compensa il guitto Celentano con 700.000 Euro per le sue cialtronerie al festival di Sanremo. Lui dice che li devolverà in beneficenza, ma la RAI comunque glieli verserà, mentre la letterina con la richiesta di pagamento del grottesco balzello è già nelle cassette della posta di molti italiani.

Cambiano i governi (sinistra, destra, tecnici) ma la piaga purulenta della RAI nessuno è disposto a risolverla. Troppi posti di "lavoro" a rischio. Troppe cambiali politiche da pagare. Che le paghi il contribuente.

Ma anche gli uffici governativi, gli uffici postali utilizzano migliaia di PC. Pagheranno la vergognosa oblazione anche loro? Nessuno in questo Paese del Terzo Mondo mascherato da G8 sente il minimo imbarazzo per una norma (Art. 1 e 2 RDL 21.2.1938 n. 246) che risale al ventennio fascista e solo per la connivenza di una classe politica marcia si applica al possesso di un televisore?

Tranquilli. Siamo in buone mani.

Sulla vicenda dei due militari italiani consegnati alle autorità indiane per la questione dei pescatori uccisi in acque internazionali (una storia ancora tutta da chiarire), la massima autorità dello stato dichiara: "E' una cosa molto ingarbugliata. Il caso diplomatico è già nato, l'importante è che si risolva". Così afferma il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano.

Intendiamoci, io non sono nessuno ma nel mio piccolo sono convinto che, nei panni del presidente della repubblica, sarei riuscito a pronunciare qualcosa di altrettanto vibrante. Bravo presidente, tutto quello che ci costi sono soldi spesi bene. Un uomo di polso ci voleva...

Il cittadino italico, forte di questa certezza, paga volentieri ogni balzello. Al grido "Abbiamo visto di peggio", il contribuente tira avanti convinto (bontà sua) che le cose miglioreranno.

Ma abbiamo veramente visto di peggio?

giovedì 2 febbraio 2012

Orgoglio di che?

Il Comune di Meta di Sorrento si stringe attorno al suo eroico concittadino, il Com. Schettino, accusato di incapacità al comando e codardia nella tragica vicenda della Costa Concordia, speronata da uno scoglio ribelle e scossa dalle onde di un mare piatto fino a far cadere il capitano in una lancia di salvataggio che passava lì per caso. Una storia forse improbabile, ma che i metesi hanno immediatamente avallato. 

“Frangesch’  è ‘nu bravo ‘uaglione, fangùlo la Lega e Marone” recita il mantra sulla bocca di tutti.
Il consiglio comunale ha deciso all’unanimità di ribattezzare la Piazza Caduti del Mare chiamandola ora Piazza Scivolati nella Scialuppa. E’ stato poi commissionato un monumento da collocare nella Piazza del Consiglio (che verrà ribattezzata Piazza del Coniglio) e che raffigura il Comandante a bordo di una scialuppa mentre pagaia energicamente verso riva a cercare calzini asciutti e, visto che c’è, anche dei soccorsi.


La statua, realizzata in bronzo dallo scultore locale Ciro Delano e alta 8 metri, sarà in parte finanziata da una raccolta di fondi alla quale l’associazione “Orgoglio Metese” appena costituita  ha risposto con entusiasmo. Il resto della cifra verrà ricavato dai proventi di due nuovi autovelox collocati sulla Via del Mare, il cui limite di velocità è stato appositamente portato a 5 kmh per due tratti da 20 metri dove appunto saranno installati i dispositivi. Per disposizione del comune, il limite di velocità vale solo per i non residenti nella provincia di Napoli.

Al consigliere Ciccillo Acampora, che reclamava un trattamento da eroe anche per il Comandante metese della MSC Poesia (arenata su una barriera corallina alle Bahamas pochi giorni prima della Concordia) veniva risposto negativamente, in quanto l’incidente della MSC Poesia non aveva provocato vittime. La posizione del comune è irremovibile: “Niente morti, niente eroe.”

Intanto, all’Istituto Tecnico Nautico Statale Nino Bixio, storica istituzione di Meta di Sorrento che ha donato al mondo centinaia di grandi skipper, sono stati lanciati due corsi serali di perfezionamento dal titolo “Tecniche di inchino in stato di ebbrezza” e “Gestione contemporanea di bionde moldave e timone”. Testimonial d'onore l'ex-presidente USA Bill Clinton, noto per essere stato al timone degli Stati Uniti con la Monica Lewinski aggrappata alla manichetta...

Piovono intanto offerte di lavoro per il Com. Schettino, ormai licenziato definitivamente dalla Costa Crociere.
Ai microfoni di “Radio Meta” il capitano avrebbe dichiarato di “non aver ricevuto offerte da altre società di navigazione, ma da diversi altri settori”. La casa editrice Mogli & Buoi gli vorrebbe affidare la prefazione alla ristampa in lingua napoletana di “Capitani Coraggiosi”, mentre il comune di Positano gli avrebbe offerto un vitalizio di €5.000 annui a condizione di “non condurre imbarcazioni di qualunque tipo nelle acque prospicienti” la cittadina.

Ancora un paio di offerte così e il buon capitano può attendere la pensione dormendo sonni tranquilli, sempre che non li venga a turbare il pensiero di tutti quelle morti inutili causate dalla sua spavalderia criminale.

venerdì 20 gennaio 2012

Tanta voglia di eroi

Una settimana dopo la tragedia della Costa Concordia, mezza Italia chiama “eroe” il Capitano De Falco della Capitaneria di Livorno. 

Ma De Falco è veramente un eroe? E’ proprio lui il primo a scrollarsi di dosso l’epiteto. De Falco è un professionista, un vero ufficiale di marina (non un pupazzo narcisista come il comandante della nave) e, se vogliamo, non è nemmeno riuscito a costringere il guappo vigliacco a ritornare a bordo. 

A tanta gente, il capitano De Falco giustamente piace perché è un uomo onesto, un personaggio integro e solido in una vicenda popolata da pigmei morali. Ma non parliamo di eroi. Chi fa il suo mestiere con convinzione, integrità e determinazione non è un eroe, ma certamente lo sembra al confronto con i cialtroni che portano le navi (o il Paese) alla rovina.

Intanto, a Meta di Sorrento, la cittadinanza si stringe intorno al comandante della nave e lo chiama “eroe” per aver salvato migliaia di persone. Com’è curiosa la gente. Nella sua visione a tunnel si dimentica che lo stesso “eroe” è quello che, per un gesto irresponsabile da sbruffone, ha messo a repentaglio la vita di 4000 persone, ne ha ammazzate almeno 11 e causato milioni di Euro di danni. E adesso, nella fantasia italebana, sta diventando un personaggio mitico, il Braveheart campano, il Sandokan sorrentino, l’uomo che la Padania vorrebbe morto. Se non facesse parte di una tragedia fin troppo reale, questo ribaltone grottesco farebbe anche ridere. Se non credete che questo sia sintomo della bancarotta morale che affligge questo Paese, trovatemene un altro migliore.

E intanto in Moldova (la Moldova sta tra Romania e Ucraina ­­– sono andato a vedere su Google), la misteriosa bionda venticinquenne vista al fianco del comandante sul ponte della nave viene intervistata dalla TV locale e salutata come eroina per aver salvato un numero imprecisato di persone. Ridda di ipotesi: era regolarmente imbarcata o l’ha fatta salire a bordo il capitano approfittando della sua autorità? Secondo una versione, poi, sarebbe stata chiamata sul ponte per fare annunci in russo, un’altra la vorrebbe a fianco del comandante già al momento dell’impatto con il fondale.

Cosa? Era già salita in plancia? Chissà che il comandante, preso da preveggenza, se lo fosse sentito? O fu lei a sentirselo? Il disastro imminente, voglio dire.

La verità definitiva, grazie alla registrazione delle conversazioni sul ponte di comando, alle telecamere e agli interrogatori dei testimoni prima o poi verrà fuori.

Intanto però, a Meta di Sorrento, il primo a essere sottoposto al terzo grado è proprio il comandante. E chi gli fa le domande è la moglie: Frangé, Frangé, ma chi era sta femmena bionda che aggio visto in tivvù?
E il comandante, ormai esperto di acrobazie evasive, si cala da una finestra e finisce in un cassonetto.

Lo insegue l’urlo Omimmeeerd’ , sfaccimm’, ma lui è già salito su un taxi.

mercoledì 18 gennaio 2012

Nani al comando

Due considerazioni doverose sugli eventi della scorsa settimana.
Abbiamo visto all’opera, con i tragici risultati che tutti sanno, il classico “capo all’italiana”, il prodotto di una cultura egocentrica e feudale, un nano narcisista con un’immagine del suo ruolo gonfiata e deviata. Un’immagine che lo fa sentire in diritto di utilizzare un oggetto di proprietà del suo datore di lavoro (costo circa 400 milioni di Euro) e di mettere a rischio 4000 vite umane (un valore questo incalcolabile) per un ridicolo atto di omaggio, un “inchino”, a qualcuno come lui. Ma fra “uomini di panza” si fa cosi.

Il personaggio, che tanto ricorda un nostro ex-premier votato alla spavalderia, alla tracotanza e allo stravolgimento della verità, ha combinato un casino infinito, ha ucciso delle persone, ha bruciato centinaia di miliardi di valore delle azioni del suo datore di lavoro, ha ridotto a relitto una nave nuova e ne ha prontamente preso le distanze (letteralmente) “cadendo” per pura combinazione in una scialuppa. Che culo.

Del danno che il suo operato (e quello del Papy prima di lui) hanno fatto al nostro Paese parleremo in un’altra occasione. Intanto, l’Italia (quasi) tutta si è rivoltata contro questa figura miserabile di piccolo bulletto di provincia (come sembra abbiano anche fatto molti dei suoi ufficiali).

Dalla sua parte si è schierato il paesello natio (al quale negli anni il nano si è inchinato facendo favori, come nella migliore tradizione) e infatti sul Web è apparso lo striscione "Comandante non mollare" che i concittadini gli hanno piazzato davanti la casa. No, il comandante non è uno che molla, si è visto. Vedrete che tra qualche giorno diventerà quasi una questione "razziale", come quando O.J. Simpson ammazzò la moglie e la fece (temporaneamente) franca. E altrettanto prevedibilmente, tifa per lui la moglie. La signora Fabiola ha diffuso un comunicato in cui scrive: "Sentiamo il dovere di respingere con forza qualsiasi tentativo di delegittimazione della sua figura, invitando a comprendere la sua tragedia ed il suo dramma umano. Molti dei particolari pubblicati, relativi al comportamento del comandante Schettino, sono da verificare".

Mi viene spontaneo pensare che questa lucida prosa non sia tutta farina del sacco della Sig.ra Fabiola di Meta di Sorrento, o sarebbe in qualche modo legittimata la teoria di un tentato suicidio del marito comandante, pronto a colare a picco pur di non tornare a casa da una che parla così.

Intanto, il giudice per le indagini preliminari ha concesso al nano gli arresti domiciliari. Ma dai giudici, almeno quelli che non avevano parenti e amici a bordo della nave, ci possiamo aspettare di tutto.

Il comune di Meta avrebbe intanto offerto al valoroso skipper un posto da bagnino una volta scontata la pena detentiva (se mai ci sarà). Il ricciolo da guaglione brizzolato porterà di sicuro migliaia di signore attempate e irrequiete sulle spiagge della riviera sorrentina.

Ci scrive nel frattempo un comandante dell’Alitaglia, Guido Stopardico-Joni, e ci chiede se, in omaggio ai suoi parenti che vivono a Castelluccio di Norcia, può fare un inchino anche lui, un passaggio radente con il suo B747 (400 passeggeri ignari a bordo) sulla Piana di Castelluccio, con brusca riattaccata prima delle case del paesino.
C’è da dire a suo credito che, nel caso dovesse sbagliare la manovra, non ci sarebbe una scialuppa nella quale rifugiarsi.



sabato 14 gennaio 2012

La recita dei burattini


A Milano, un vigile urbano è stato travolto e ucciso da un’auto 4X4 che cercava di fermare. I due omicidi sono fuggiti ma sembra siano stati identificati, sono due nomadi, e forse li hanno anche anche fermati alla frontiera con la Francia.

Subito il Paese dei burattini entra in agitazione. Il popolo degli anti-SUV ricomincia a ululare l’unica stanca canzone che sa. (E’ noto che i fuoristrada siano auto dotate di volontà propria. Se un mentecatto torinese di alto lignaggio ingombra i binari del tram con la sua Jeep o due zingari uccidono un vigile con la X5, la colpa è del veicolo.)

“Via i fuoristrada dal centro” è il coretto di chi non ha il fuoristrada e quindi lo vuole vietare anche agli altri. Gli zingari notoriamente rispettano le leggi dello stato e quindi si terranno lontani dal centro. In questo caso poi l’omicidio è avvenuto alla Bovisa, un quartiere di Milano che con il centro ha ben poco a che vedere.

E intanto arriva il cordoglio del presidente della repubblica, si indice il lutto cittadino, le prefiche di stato si battono il petto, le associazioni dei nomadi prendono le distanze. Intendiamoci, non ho intenzione di sminuire in alcun modo la gravità del fatto e la portata della tragedia: vedo ancora quella foto angosciante della bicicletta contorta appoggiata sull’asfalto e mi si stringe il cuore al pensiero del vigile ucciso.

Ma quanti pedoni e ciclisti vengono uccisi ogni anno da pirati della strada? Quanti messaggi di cordoglio manda loro il capo dello stato? Pedoni e ciclisti contano meno del vigile urbano?

Ma il vigile urbano faceva il suo dovere, mi ribatteranno i custodi della legalità.

E i pedoni e i ciclisti trascinati e uccisi non stavano facendo il loro mestiere di cittadini che vanno a lavorare, pagano le tasse e si aspettano di essere tutelati dalla polizia urbana, il cui stipendio loro stessi contribuiscono a finanziare?

Basta con il populismo imbecille delle autorità costituite, basta con la tutela dei cittadini affidata alle telecamere e ai velox. Basta anche agli zingari che spadroneggiano nelle città rubando e uccidendo impunemente.  Invece di pronunciare parole vuote e abbassare le bandiere a mezz’asta, stronchiamo sul serio questa criminalità continua e crescente. 

Finora la polizia si è stretta nelle spalle ed è tornata a timbrare bolli e a passare carte.
L’auto in regola, la revisione, l'assicurazione, le catene, le cinture, il gilet fosforescente la polizia li chiede a noi.
La macchina degli zingari (rubata, senza revisione, a fari spenti, senza assicurazione) passa indisturbata. “Eh, a quelli che cosa gli vuoi togliere?” mi disse un giorno una guardia scuotendo la testa.

Finché gli zingari avranno il campo libero e il salvacondotto per uscire dal carcere dopo un paio di giorni, sempre meno vigili avranno il coraggio di fermarli e il cittadino avrà sempre meno tutela.

Ma è più facile pronunciare frasi vuote di cordoglio e fare gli indignati davanti alla TV che prendere seriamente dei provvedimenti. 
Non cambia niente, domani è un altro giorno e il rigore dei controlli durerà un paio di settimane. Finché l’appartamento svaligiato, l’auto rubata e il morto non ci riguardano, tiriamo avanti. Questo è il sistema che ci siamo costruiti.