lunedì 13 settembre 2010

Schadenfreude

No, non è una variante del dolce della Foresta Nera e nemmeno un sinonimo della torta Sacher in qualche vallata austriaca. È una sintetica espressione tedesca che vuol dire "rallegrarsi per le sciagure altrui".
Tutti noi, prima o poi, ci siamo fatti sedurre dalla sua attrazione fatale e non dite che a voi non è mai successo.
Ci sono dei casi in cui farsi due grasse risate per il guaio in cui si è cacciato qualcun altro è cosa buona e giusta. Leggete questi esempi e concorderete che a volte la Schadenfreude ci sta, e come ci sta!

Camilla V. inerpicata lassù nel sedile del guidatore della sua BMW X5 sta facendo multitasking al volante come solo una donna sa fare. È uscita dalla palestra, dove il personal trainer l'ha sottoposta a una gagliarda seduta tonificante per glutei e addominali, ed ha un appuntamento dalla parrucchiera tra poco più di un'ora. Visto che ha tempo, ha deciso di fare una puntatina al centro commerciale per vedere due vetrine.

Mentre si toglie dalla fronte i capelli ancora bagnati della recente doccia, si attacca al cellulare per accertarsi che, tra le mura domestiche, la ragazza alla pari abbia la situazione sotto controllo. 

Ecco che, in fondo al rettilineo, si vede già la grande "P" del parcheggio sotterraneo dell'Iper. Camilla richiude il Motorola e lo lascia cadere in un vano nella console dell'auto mentre pesta sul gas per bruciare gli ultimi duecento metri.

Il grosso SUV tira su il muso mentre il cambio automatico scala una marcia e manda il contagiri in zona rossa. Camilla svolta a destra e imbocca la rampa del garage sotterraneo con uno stridio di gomme che fa girare i passanti. La BMW X5 si lancia in discesa come un grosso squalo metallico e la "baretta" portabagagli che Camilla ha dimenticato di avere ancora sul tetto si frantuma esplodendo al contatto con la prima trave in cemento del soffitto. Con lei, anche le barre satinate del tetto vengono estirpate in un millisecondo e l'intera parte superiore dell'auto si accartoccia.

Diecimila Euro spesi senza aver nemmeno varcato la porta di una boutique.

Eros C. e quattro amici escono traballanti dalla discoteca Mando-Vai nel cuore pulsante della Riviera dopo una serata deludente dal punto di vista delle conquiste femminili. In compenso, il conto finale delle consumazioni è da impallidire. Eros vorrebbe piantare una grana ma il buttafuori scuote lentamente la testa e i cinque escono con la coda fra le gambe. Nel parcheggio, in una nuvola di falene e zanzare,  li attende la Seat Leon taroccata di Eros.
I cinque prendono posto e il guidatore accende il megastereo mettendo a manetta il celebre brano Apoka-Lips dei Patetika, che si può dire è l'inno del gruppetto. Con i finestrini che vibrano per i bassi e il motore che urla in fuori giri, la Seat si lancia lungo i viali della periferia per raggiungere il mare, dove Eros conta di farsi l'ultima Ceres della nottata.

Ed è proprio mentre la Seat tocca i 130 kmh che Eros non vede la gobba rallentatrice in mezzo alla strada e ci pianta dentro la Leon ribassata come un kamikaze nella portaerei Yorktown. Il motore si spacca come una noce e salta fuori dai supporti, rovesciando olio in strada e storcendo la scocca dell'auto. Sul tetto, tre bitorzoli affiancati testimoniano le tre capocciate date all'unisono dagli occupanti del sedile posteriore.

La Seat termina la sua corsa duecento metri più avanti in una nuvola di fumo. I cinque occupanti si guardano negli occhi e non hanno ancora capito che cosa sia successo.

Il noto architetto italo austriaco E. Moccia-Rotterkatz di anni 68 sta visitando gli Appennini in cerca di ispirazione. Al volante della sua Mercedes Classe S  V12 si sta inerpicando sui tornanti verso il paesino medievale di Nerchiate sul Groppone. Dietro l'ultima curva gli appare la porta monumentale del paese costruita nel XIV secolo e deturpata da un cartello che indica di dare la precedenza al traffico che viene in direzione contraria.

L'architetto intravede la sagoma blu della corriera che arriva ma decide di forzare la mano. L'auto balza in avanti e si lancia attraverso la massiccia porta in pietra. Anche la corriera ha puntato verso la porta del paese e, per evitare la Mercedes, struscia l'intero lato destro contro il muraglione secolare.
A sua volta, E. Moccia-Rotterkatz si incastra tra la corriera e l'altro lato della porta del paese.

È un disastro. Auto e corriera sono immobilizzate nella porta come un tappo di sughero nel collo di una bottiglia di vino. Solo gli occupanti della corriera, fortunatamente incolumi, riescono a uscire dalla porta posteriore.

Ai pompieri serviranno cinque ore e una motosega a ferro per fare a pezzi l'auto e liberare il passeggero. L'architetto, che soffre di incontinenza, non trova altra soluzione e dopo tre ore si vede costretto a fare i suoi bisogni all'interno dell'auto.

E adesso non dite che non avete riso anche voi...

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