martedì 13 settembre 2011

To protect and to serve

To protect and to serve.
Chi abbia visto una macchina della polizia americana, dal vivo o nei telefilm, ricorderà questo slogan che compare identico sulle auto di pattuglia in molte città degli USA.

Ben altre frasi vengono in mente quando si ricorre alle forze dell’ordine nel nostro Bel Paese.

Da settimane una banda di ragazzini su motorini da cross smarmittati fa le corse e le frenate con sbandata lungo la strada senza uscita dove abito. Le fa di giorno, le fa di notte. Le fa col casco e senza – e sempre con qualche ragazzina quattordicenne aggrappata dietro che rischia di sfregiarsi le gambe a vita, se le va bene.

Mi piace pensare che la loro incolumità sia di competenza dei rispettivi genitori, a me basta che non mi rompano le balle.

Il primo istinto è scendere in strada con una vecchia mazza da baseball e discuterne amabilmente con loro, ammaccando un braccino o due, se della bisogna.

Ho deciso però di fare le cose in maniera corretta, “senza passare dalla parte del torto”, una bella espressione italica che in realtà vuol dire “prendila nel culo, il sistema è così”.

Rilevo quindi i numeri di targa dei motorini e mi rivolgo ai tutori dell’ordine costituito.

E’ sabato pomeriggio e il comando della polizia locale è chiuso. “In caso di emergenze chiamare il numero XXX”. A cento metri c’è la palazzina dei carabinieri, una villetta a due piani in un paese di villette a due piani. Si distingue perché c’è un bel cartello giallo sulla recinzione che dice “Zona Militare”. 
Già sono di buon umore e la villetta dei Caramba che se la tira da “Area 51” mi fa scompisciare.

Entro nell’antro. Mi viene incontro un graduato dalla volto bucolico. Sembra una comparsa del film “Salvatore Giuliano” e la conferma arriva appena apre bocca.

Gli racconto la questione e la sua prima risposta è. “E io che ci faccio coi numeri di targa? Se [vossia] vuole fare un esposto, nomi e cognomi mi servono.”

“E se mettono sotto qualcuno o si ammazzano contro un palo, è sicuro che non bastano i numeri di targa?” ­­­– obietto io.

“Che vuol dire, se ci scappa il morto le cose cambiano”, è la risposta ufficiale della Benemerita.

“E allora aspettiamo che si ammazzino…” rispondo mentre prendo la via del portone blindato.

“To protect and to serve” da noi vuol dire Proteggersi il Culo e Servire a Niente.

Il giorno che il comando generale dell’Arma deciderà di scrivere qualcosa sulle fiancate delle auto sarà piuttosto qualcosa di sobrio del tipo: “Scaricare e non farsi coinvolgere” oppure “Lasciate proprio perdere”.

Dove avrò messo quella benedetta mazza da baseball?


5 commenti:

  1. Secondo me ce la possiamo cavare con un neutrale "nei secoli fedele" che con il proteggi e servi non ha implicazioni dirette...

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  2. fatti coraggio dino, ci sono passato anch'io.
    non per il motivo della denuncia ma per il trattamento ricevuto dai carabinieri.
    meno male che ero incensurato perché altrimenti, per come finì la faccenda, ora non potrei ancora leggerti.
    :(

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  3. "sono ragazzi" è quello che mi sono sentito dire dopo una segnalazione analoga...

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  4. ...questo sì che è fare prevenzione.
    Poi, dopo che i "ragazzi" travolgono la mamma con passeggino, parte la "brillante operazione" con l'elicottero, lo spiegamento di forze, tante palette che sventolano come se fosse carnevale e il servizio del TG3 con tutti che fanno a spintoni per entrare nella ripresa.

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  5. Odio i fannulloni, sono la rovina di ogni categoria. Poi comunque ci sono coloro che meritano ogni centesimo del loro stipendio e quelli che dando la loro vita meriterebbero qualche cosa di più ma che nessuno gli riconosce. Immagini però se fossi andato a parlare con i genitori di quei ragazzini? Sono sicuro che la mazza da baseball sarebbe stata poco. Forse è anche per questo che tanti tutori dell'ordine dopo anni di servizio non trovando gli strumenti nè una società che li appoggia smettono di credere nel loro lavoro e di meritare lo stipendio o nacora più grave si ergono loro stessi a legge.

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