giovedì 17 giugno 2010

La solita sbobba

L'altro giorno ho preso un treno svizzero per un percorso in territorio italiano. Tra le varie amenità, c'era un monitor che proiettava filmati promozionali di vario tipo. Uno di questi mi ha colpito in maniera particolare: un documentario turistico sulle bellezze dell'Italia che dedicava un bel po' di spazio ai soliti ingredienti della stanca minestra del "prodotto Italia".

E quindi, oltre a vedute e inquadrature suggestive di cui il nostro Paese non è certo avaro, ecco i soliti "prezzemoli" d'obbligo che ci sentiamo di dover propinare continuamente al potenziale visitatore straniero:
  • I Bronzi di Riace
  • La signora che affetta le tagliatelle fatte in casa
  • L'assaggio dei vini
  • La tarantella
Parliamone un po'.

I Bronzi sono un capolavoro e non si discute. Quanti stranieri visitino il Bel Paese per vederli (sono attualmente custoditi a Reggio Calabria nella sede del consiglio regionale) è un dato che non ho. Cifre recenti indicano, nel mese di Marzo 2010, un totale di 5400 visitatori, quindi circa 300 al giorno tra locali e ospiti esteri. Un paragone con il David di Michelangelo (oltre un milione di visitatori l'anno) sarebbe ingeneroso. C'è da dire che a Firenze, oltre al David, c'è tanto altro da vedere, mentre andare a Reggio apposta per vedere i Bronzi non mi è mai passato per la testa. Ma i due guerrieri di Riace sono una tassa dovuta. Se non li metti in ogni documentario, la Calabria chiede l'indipendenza.

Le tagliatelle (e il mangiare italiano in generale) sono ormai celeberrimi nel mondo. Pensate, le tagliatelle si possono anche preparare al di fuori dei confini nazionali! Ed è anche possibile mangiare cinese o indiano a Barcellona. Che ne direste se trovassimo nuove icone un po' meno scontate? Magari una bella immagine di una tavolata di amici che mangiano e bevono in allegria sotto un cielo blu. Sarebbe ora di allontanarsi dal semplice prodotto e passare all'atmosfera, dall'etichetta Made in Italy al piacere di visitare l'Italia in compagnia. E se poi gli ospiti preferiscono la pasta scotta con sopra i wurstel saranno anche fatti loro, no?

L'assaggio dei vini non equivale al gusto di un buon vino. L'assaggiatore spesso il vino finisce per sputarlo. Anche qui (come per le solite scene di quelle mani sapienti che confezionano i tortellini), non sarebbe bello vedere invece dei commensali che si godono i piaceri della tavola sullo sfondo di una delle mille piazze d'Italia piuttosto che fare del vino un discorso da intenditori e sommelier? Questo pudore nel non mostrare il piacere di un buon bicchiere ma di limitarsi all'atto sterile dell'assaggio mi ricorda quella pessima pubblicità della Regione Sicilia di parecchi anni fa: il turismo è cultura. Un approccio dotto e didascalico al turismo, un volersi travestire da "operazione culturale", quando la maggior parte delle motivazioni che spingono a visitare l'isola sono ben altre. In seguito, lo slogan fu riciclato in "turismo e cultura", che suonava già molto meno pretenzioso.

E chiudiamo in bellezza con la tarantella. Si può ancora dire sul Web "ma chi se ne strafotte della tarantella?" Spero proprio di sì. Qualcuno di voi ha mai visitato un altro Paese del G8 per vedere il balletto folcloristico locale? Anni fa il contribuente italico spese centinaia di migliaia di Euro per mandare una troupe di tarantella a promuovere il nostro Paese in Estremo Oriente. Per fortuna nessuno si è mai preoccupato di misurare il ritorno di questo investimento. Ma anche questa è una tassa da pagare: se non fai vedere la tarantella, si parla subito di secessione. Anche Inghilterra, Germania e altri Paesi europei hanno una tradizione di balli folcloristici (Maypole dancing e non solo) e mi domando quanti Italiani ogni anno accorrano gioiosi per assistervi.

Quanto ci sarà costato realizzare e proiettare il video promozionale italiano sui treni svizzeri? Si poteva fare di meglio e di più evitando di perpetuare un'immagine stantia e pedante dell'Italia, un'immagine che tende a mostrare le carte in regola, i bollini blu invece di trasmettere emozioni e sensazioni.

Qualche giorno fa ero in giro per la Sardegna con tre amici tedeschi. Non vi immaginate però dei nibelunghi ignoranti e incapaci di godersi le bellezze di un luogo. Uno è un imprenditore, il secondo è un dirigente d'azienda e il terzo è un funzionario dello stato. Insomma, tutta gente che è andata a scuola e ha girato il mondo. Hanno fatto oltre 2000 km di strada in Sardegna, mangiato e bevuto in allegria, scattato centinaia di fotografie e speso di sicuro più della media dei visitatori stranieri. Si sono divertiti e ci vogliono tornare, magari faranno anche un paio di foto a qualche nuraghe.

Se però li avessi portati a vedere su ballu de su muccadori mi avrebbero probabilmente linciato. E quindi perché non dare all'ospite straniero quello che vuole invece di propinargli noi un menu che non gli interessa affatto ma soddisfa solo lo squallido perbenismo culturale dei committenti?

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