sabato 7 novembre 2009

Ci risiamo


Una delle mie passeggiate preferite trainato dai miei due cani (sembriamo una strana biga dove io faccio Ben Hur e loro i cavalli) è lungo una specie di terrapieno alto diversi metri che separa una nuova zona residenziale da una bretella della Tangenziale Ovest di Milano.

È una muraglia erbosa sul cui lato interno alcuni giovani alberi sono stati piantati lo scorso anno e promettono bene per il futuro. Già me li immagino d’autunno mentre le foglie cambiano colore e il vento…ma qui sto uscendo fuori tema.

Dal terrapieno si gode una vista privilegiata della bretella e spesso si sente il rumore di qualche moto lanciata a velocità mentre passa dalla quarta alla quinta in piena accelerazione. Se ne vedono, ovviamente, di tutti i tipi, dalle supersportive che urlano a 10.000+ giri alle turistiche, eleganti e silenziose mentre sfilano via con un sibilo da turbina.

Ogni tanto il rumore inconfondibile di un V-twin (magari con gli scarichi più aperti) mi fa voltare.

Vista da quasi dieci metri d’altezza, la moto custom ti suggerisce il contatto diretto con l’aria e con la strada che percorre, la postura del pilota è rilassata e il brontolio del motore è quasi una droga, con i suoi colpi di tosse e le sue vibrazioni quasi palpabili a distanza.

Molto spesso la moto è scura, con le sue cromature che scintillano al sole e il pilota, le braccia appoggiate sul manubrio a corna di bue e le gambe distese in avanti sulle pedane, è l’istantanea del gusto di andare in moto. Una specie di icona del rapporto tra uomo e mezzo meccanico, dove quest'ultimo è il tramite per soddisfare la sete di strada, di movimento e di nuovi orizzonti.

Ci risiamo. Mi riprende la voglia di custom.

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