venerdì 22 gennaio 2010

Banalità metropolitane

Con questo tempo, mi ritengo fortunato di lavorare da casa.
Vedo passare motociclisti infagottati in sella ai loro mezzi e sento un gran freddo per loro.


Spesso però, devo spostarmi in centro città e allora il mio mezzo di trasporto preferito è la metro.
Mi trovo un posto a sedere, apro un libro e mi lascio teletrasportare nel cuore di Milano, mentre la mente azzera il rumore delle ruote sui binari e il brusio della gente.

Questo, beninteso, quando tutto va bene.

Ieri non ho fatto in tempo a sedermi e estrarre il libro che tre donne si sono piazzate in piedi davanti a me e hanno prontamente avviato le mandibole. Una di loro, quella dal Decibel facile, si è rivelata un'autorità sugli yoghurt e una madre attenta ai gusti capricciosi del suo bambino.

"Se non gli do il PincoPalla alla Fragola me lo butta per terra! Devi vedere le scene che mi pianta..."

L'intero vagone (dato il tono di voce) partecipa al dramma.
Io continuo a fissare la stessa riga del libro da cinque minuti mentre sogno di fare al simpatico frugoletto una maschera facciale di yoghurt e poi lavare il tutto con l'idropulitrice da 200 Bar.

Il trio prosegue nella discussione. Per qualche motivo adesso si parla di lavastoviglie. 100 Decibel riprende la parola: "La mia ha tre cestelli". "No - ammette triste una delle altre - la mia ne ha solo due."
Non c'è niente come un cestello in meno per rovinarti la giornata. Arrivi in ufficio che già ti girano, ma per fortuna te la prendi subito con i poveri colleghi di lavoro, che ignorano la tua profonda inadeguatezza in materia di elettrodomestici e magari pensano che tu abbia dei veri problemi in casa.

Il treno va a rilento: c'è stato un guasto alla stazione di Cadorna. Il trio maledetto imperversa e si accende il dibattito sulla durata dei programmi di lavaggio. Sembra che quello da 40 minuti raccolga enfatici consensi. Siamo giunti a parlare in grande dettaglio dei brillantanti quando, miracolosamente, arriviamo alla fermata Duomo e io mi lancio dal vagone verso l'aria fredda della piazza.

Qualche settimana fa, stesso dramma. Treno che viaggia a strappi e tre donne che descrivono nel dettaglio più orrido problemi di gravidanza e splatter raccapriccianti in sala parto, mentre il manovratore ci tiene aggiornati tramite l'altoparlante dei progressi del nostro viaggio. Ma le tre proseguono imperterrite e straparlano sopra la vocina metallica che giunge dalla cabina di guida e ci annuncia che la corsa è interrotta.

Il treno si ferma e tutti scendono. Mentre mi accingo a lasciare il vagone, una delle tre mi chiede: "Ma quando l'ha detto che il treno era guasto?"

"Tre cesarei fa" le rispondo.

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