venerdì 2 aprile 2010

Motori e poi ancora motori


C'è qualcosa di speciale che lega la mia generazione ai motori. Noi ragazzi nati dopo la guerra siamo cresciuti tra i Motom e le 600 Abarth, in un mondo scaraventato in avanti dove potenza era diritto e dove chi sgommava ci sapeva fare.

Chi è nato 25 anni prima, attorno alla metà degli anni 20, ha vissuto da spettatore le glorie dello sport motoristico (Manuel Fangio, Tazio Nuvolari) perché possedere la moto o l'automobile era roba da signori.

Poi la guerra e un'Italia che si ritrova da paese contadino nel bel mezzo di un'Europa in ripresa e con tanta voglia di dimenticare. Il sogno di possedere un mezzo a motore, a metà degli anni 60, non è più fantasia.
Eccoci a cavallo di un cinquantino senza targa, con quel po' di coppia che va cercata in alto. Brem, brem, brem ai semafori per tenerlo su di giri. Chi ha la Vespa, chi la Lambretta nuova. Qualcuno gira con un modello più vecchio, la Lambretta 150, ma che ha dimensioni mostruose. All'uscita da scuola, una nuvola di fumo blu e l'intera classe è sparita.

Finalmente arriva il passaggio al 4 tempi, negli anni in cui una 750 era una maxi-moto. Quante ore a fissare con adorazione quei due cilindroni a V di 90° e a pulire quel cancello di moto dal motore agricolo. Avere una "vera moto" era cosa da non credere per chi meno di dieci anni prima girava ancora appollaiato su una Vespa 50.
E da allora motori, motori, motori. Il piacere di alzare il cofano dell'auto e sentire i due Dall'Orto a doppio corpo succhiare l'aria, il calcio nel sedere di una monocilindrica da 750cc, il primo motorone giapponese di oltre 1000cc, la linea accattivante di un "boxerone" tedesco da 1200 abbinato al manubrio di una "custom".
E poi ancora la casa dell'elica, con un bolide a quattro cilindri per viaggiare sempre a manetta. "Pensa - dicevi agli amici - è autolimitata a 250 kmh!". Lo stesso anno, Yamaha tira fuori la FJR1300 e per il quattro cilindri tedesco è la campana a morto.

La storia continua a cavallo di questo splendido motorone "cattivo" che (siamo già alla seconda moto dello stesso modello) mi porta dovunque, dai 20 km di paranoia del Nürburgring alle pietraie della Tunisia. In oltre 40 anni di motori, niente come questo quattro cilindri giapponese è diventato per me una seconda pelle. E siccome mi piace tanto, ne ho un altro nuovo cellofanato in garage. Non si sa mai.

È ora di chiudere, ma una rapida menzione del "Cenerentolo" la devo fare. È il motore della mia auto, vecchia di dodici anni. Un giurassico V8 americano con il suo "boom-boom-boom" da motoscafo Riva in mogano. Gira al minimo a 650 RPM e quando affondi il piede ti attacca al sedile con la sua coppia da camion.

Quanti motori e quanti chilometri, ben oltre il milione. E quanti ne restano ancora da fare!

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