lunedì 2 febbraio 2009

Istanbul Raid

Istanbul è la meta di un prossimo viaggio in moto che ha tutte le carte in regola per diventare memorabile.

Parlare della metropoli turca senza ricadere nel frasario delle guide turistiche non è compito facile.

Ancora più difficile è evitare quei maledetti luoghi comuni come "punto d'incontro tra Europa e Asia" che, sebbene assolutamente veri, si sono già sentiti mille volte.
Ma il bello di Istanbul è che l'appassionato di arte o di storia potrà documentarsi prima e durante il viaggio per riconoscerne i monumenti e visitarli in maniera consapevole. Chi invece non ha nè tempo nè voglia di aprire i libri, potrà respirare l'aria di questa città e goderne il fascino e la bellezza scoprendola e lasciandosi sorprendere ad ogni angolo.
Inevitabile ritrovarsi nel Grand Bazaar (in turco Kapalıçarşı), da oltre 500 anni il mercato coperto più grande del mondo.
Impossibile non perdersi tra le bellezze e le bufale, spinti da un torrente di folla che vuole vedere, trattare e a volte anche comprare.

Il Bazaar non si limita tuttavia alla struttura coperta ormai famosa, ma le si estende tutto intorno e discende ripido fino al mare e all'approdo dei traghetti di Eminönü.

Qui ci sono negozi e botteghe di ogni tipo e chi si ferma un attimo a un angolo di strada vedrà sfilare davanti a sè una folla eterogenea e variopinta, pochi turisti e un incredibile spaccato della popolazione che gravita intorno a questa metropoli in continua e vorticosa crescita.

Abbiamo detto: niente luoghi comuni e frasi fatte da Ente del Turismo. Ma non è facile provare a descrivere una camminata su e giù per le vie di Istanbul senza cadere nel retorico o nel facile entusiasmo.

La cosa migliore è mischiarsi nella folla e guardarsi intorno curiosi e al tempo stesso rispettosi di una cultura a volte lontana e altre volte vicinissima a noi.

La gente è cordiale e molti parlano una qualche lingua europea. Come spesso avviene, l'immagine dei turchi emigrati nell'Europa Centrale non fa onore ai loro concittadini restati nella repubblica fondata da Atatürk.

Se i turchi che vivono in Germania o in Austria tendono a chiudere i ranghi e a non cercare un'integrazione (con una serie di ricadute molto negative), i cittadini di Istanbul sono molto spesso aperti e cordiali o, nella peggiore delle ipotesi, del tutto indifferenti al turista.

Un paio di anni fa fui avvicinato da un giovane dalle parti della Moschea Blu, il quale esordì con la domanda classica: "da dove vieni?" Nove volte su dieci, si tratta del classico sistema per irretire il turista, farlo entrare nel negozio, offrirgli un tè e costringerlo moralmente a qualche acquisto.

Fu quindi con una certa freddezza che gli dissi di essere italiano e che non mi serviva di acquistare niente. "Sono in Turchia per lavoro e non per turismo" aggiunsi.

Lui mi disse allora che stava studiando l'Italiano e che sperava potessi aiutarlo. E in realtà, entrati nel negozio, vidi che aveva un libro d'Italiano aperto e lo stava effettivamente studiando.

Passai così una mezz'ora a spiegargli un paio di cose della nostra lingua che lui trovava particolarmente difficili da capire e poi ripresi la mia camminata verso il Bazaar delle Spezie.


Questo Bazaar si trova sulle rive del Corno d'Oro, quella insenatura del Mar di Marmara che è parte integrante di Istanbul come il Canal Grande è il cuore di Venezia.

Affollato e rumoroso, il Bazaar delle Spezie è un'esplosione di colori e aromi. Chi ancora non avrà scattato una sola foto di Istanbul, è garantito che estragga la macchina fotografica proprio qui.

Ed è qui che il motociclista può trovare il classico regalo poco ingombrante da riportare a casa, che sia un sacchetto di zafferano o una confezione di Loukoum (che per i turisti è ribattezzato Turkish Delight). Sono dei dolci tipici a base di amido e zucchero, spesso aromatizzati all'acqua di rose e, contrariamente alle descrizioni enfatiche che le guide turistiche ne fanno, io li trovo particolarmente rivoltanti.

Non è certo per i Loukoum che non vedo l'ora di ritornare a Istanbul.

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